Nell’edificio Ex-Enel della Fondazione di Piacenza e Vigevano, nasce XNL Piacenza Contemporanea un centro culturale interamente dedicato all’arte contemporanea.
XNL è il risultato della ristrutturazione di un edificio industriale – la ex sede dell’Enel, in via Santa Franca, 36 – dei primi decenni del Novecento, di particolare pregio architettonico, restituito alla città come luogo per raccontare il tempo presente.
XNL Piacenza Contemporanea sarà inaugurato dalla mostra LA RIVOLUZIONE SIAMO NOI. Collezionismo italiano contemporaneo, in programma dal 1° febbraio al 24 maggio 2020.
LA RIVOLUZIONE SIAMO NOI, curata da Alberto Fiz, organizzata dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano, col patrocinio del MiBACT – Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, della Regione Emilia-Romagna, con un progetto di allestimento di Michele De Lucchi e AMDL CIRCLE e la consulenza scientifica del Polo Territoriale di Mantova del Politecnico di Milano, presenta oltre 150 opere, tra dipinti, sculture, fotografie, video e installazioni di autori quali Piero Manzoni, Maurizio Cattelan, Marina Abramović, Tomás Saraceno, Andy Warhol, Bill Viola, Dan Flavin, provenienti da 18 collezioni d’arte, tra le più importanti in Italia, che indagano trasversalmente movimenti, stili e tendenze della contemporaneità.
Il percorso si completa alla Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi – i cui locali sono attigui a quelli di XNL – dove una serie di lavori di artisti tra cui Ettore Spalletti, Wolfgang Laib, Fabio Mauri, Gregor Schneider, Pietro Roccasalva, dialoga con i capolavori dell’Ottocento e del Novecento, raccolti dall’imprenditore e collezionista piacentino Giuseppe Ricci Oddi che costituisce un fondamentale modello di riferimento.
“Il Centro XNL – afferma Massimo Toscani, presidente della Fondazione di Piacenza e Vigevano – è una fabbrica di idee che oggi è finalmente in grado di lavorare per Piacenza e per il mondo dell’arte in Italia, rispetto al quale intende porsi come un nuovo ulteriore strumento di analisi critica della cultura contemporanea in comunione con le istituzioni pubbliche e private già operanti”.
“Per la nostra città – prosegue Massimo Toscani -, l’apertura del Centro XNL è un evento che non ha precedenti: è la prima volta, infatti, che un progetto finalizzato precisamente alla cultura contemporanea prende forma e si concretizza in un luogo aperto a tutte le sperimentazioni”.
“La rivoluzione siamo noi – dichiara Alberto Fiz – analizza la figura del collezionista intesa come mecenate del Terzo Millennio. Ma anche come ordinatore del caos e costruttore di una nuova progettualità dove lui stesso diventa responsabile. In tal senso, il collezionista non è un semplice acquirente di opere d’arte ma con le sue scelte assume un ruolo da protagonista nella vita pubblica”.
“Il titolo della mostra – continua Alberto Fiz – prende spunto dall’installazione di Maurizio Cattelan La rivoluzione siamo noi dove l’artista, con compiacimento narcisistico, si autodenigra appendendosi a un gancio con gli abiti di feltro di Joseph Beuys che nel 1972 realizzò un’opera dallo stesso titolo di forte impronta politica. Gli elementi che accomunano i due lavori sono la solitudine e la presa di posizione individuale, comportamenti che, molto spesso, coinvolgono anche il collezionista”.
La rassegna non ha lo scopo di stilare classifiche ma, semmai, di proporre, nel suo complesso, l’esperienza del collezionismo privato in base a una ricerca che coinvolge protagonisti ormai classici come Giorgio Morandi, Alberto Burri, Lucio Fontana, Fausto Melotti, Robert Morris, Andy Warhol, Robert Rauschenberg, Mario Merz, Keith Haring, Gerhard Richter, Daniel Buren, William Kentridge, Michelangelo Pistoletto, Giuseppe Penone (verrà presentato un suo intervento site-specific realizzato appositamente per la mostra), per giungere alle realtà contemporanee di maggior interesse con artisti quali Ghada Amer, Sislej Xhafa, Roberto Cuoghi, Urs Fischer, Zang Huan, Tobias Rehberger, Thomas Hirschhorn, Teresa Margolles, Zanele Muholi, in base ad un progetto che è stato realizzato in sinergia con i collezionisti.
La mostra documenta il fenomeno del collezionismo nella sua globalità attraverso le vicende di oltre cinquant’anni. Ne emerge un grande affresco collettivo, una ‘collezione delle collezioni’ legata alla passione e al gusto del nostro tempo, che consente al visitatore di entrare in uno straordinario museo privato, ricco di sorprese, ordinato dal curatore che ha instaurato un rapporto di complicità con i collezionisti, liberi da qualsiasi tentazione autoreferenziale.
La rassegna è accompagnata dalle video-interviste ai collezionisti raccolte in un unico documento realizzato da Roberto Dassoni insieme a Eugenio Gazzola. La vocazione multidisciplinare del nuovo spazio espositivo è confermata dalle numerose iniziative collaterali, coordinate da Giorgio Milani, come la rassegna filmica, curata da Marco Senaldi e una serie di talk con collezionisti, artisti, critici e storici dell’arte, curata da Alberto Fiz. Non mancano, poi, concerti e spettacoli teatrali, oltre alle visite guidate e a un programma di didattica rivolto alle scuole.
L’omaggio di Piacenza al collezionismo italiano, oltre a metterne in luce la vitalità e la lungimiranza, appare tanto più significativo in un paese dove questo fenomeno, così esteso e capillare, ha permesso di sopperire alle carenze istituzionali diventando il tramite fondamentale per la diffusione dell’arte contemporanea. Un processo che appare oggi in tutta la sua evidenza con i collezionisti che, spesso, in qualità di partner dei musei e attraverso fondazioni, donazioni, comodati, archivi, divulgano un’esperienza che un tempo rimaneva gelosamente custodita in spazi inaccessibili.
La rivoluzione siamo noi permette di conciliare sia la componente spettacolare sia quella più intima ed emozionale, creando una relazione tra le opere, gli artisti e le motivazioni del collezionare, come emerge dalle otto sezioni – Complicità, Domestiche alterazioni, Rovesciare il Mondo, Enigma, L’altro visto da sé, Controllare il caos, Esplorazioni, Spazi di Monocromia – della rassegna dove ciascuna rappresenta una collezione in un contesto animato da interferenze, suggestioni e scardinamenti temporali.
Complicità
Il percorso si apre con la complicità, ovvero con la dialettica tra collezionista e artista che si esplicita attraverso una serie di “ritratti – dediche” che coinvolgono Ernesto Esposito in un’immagine conturbante e ambigua di Helmut Newton o Paolo Consolandi, insieme alla sua famiglia, immortalato da Thomas Struth. Se Patrizia Sandretto Re Rebaudengo è ritratta in piedi con un gioiello americano degli anni cinquanta da Clegg & Guttmann, ecco una particolare elaborazione della poltrona Proust di Alessandro Mendini su cui appare il volto di Giuliano Gori accanto a un albero meccanico. C’è, poi, la superficie specchiante di Michelangelo Pistoletto con l’immagine serigrafata di Giovanni e Clara Floridi o il profilo di Natalina Remotti ritagliato da Eduardo Arroyo. E ancora: la scultura di Barry X Ball in lapislazzuli dedicata a Laura Mattioli, il ritratto di Giorgio Fasol dipinto in un contesto artificiosamente naturalistico da Matteo Fato, l’intima immagine fotografica della famiglia Palmigiano messa in scena da Alice Ronchi con la poesia di Giorgio Gaber o l’ironica composizione di Thorsten Kirchhoff che dispone verticalmente la famiglia Leggeri insieme al loro cane.
Domestiche alterazioni
L’ambiente della casa e tutto ciò che ad essa è collegata, dall’arredamento al cibo, subisce una profonda trasformazione con effetti ironici e paradossali. Il percorso coinvolge la Torre di torrone di Aldo Mondino, i secchi per pavimento di Wim Delvoye conservati come gioielli preziosi, gli abiti in lattice di Giulia Piscitelli. Ma anche la Sedia antropomorfa su cui compare la bandiera italiana di Armando Testa, o il leopardo che passeggia su centinaia di tazze di cappuccino nell’immagine fotografica di Paola Pivi. Gli scovolini per la polvere di Pino Pascali dai colori psichedelici, infine, si trasformano in bachi da setola reinventando l’immaginario attraverso il vero.
Rovesciare il Mondo
Il titolo prende spunto da un’opera di Lara Favaretto (Mondo alla rovescia) sul tempo sospeso ma si estende a questioni sociali e politiche di fondamentale importanza che spaziano dal cambiamento climatico con l’orso ibridato di Katja Novitskova alla barca dei migranti di Sislej Xhafa formata da migliaia di scarpe, sino alla celebre performance di Marina Abramović realizzata in occasione della Biennale di Venezia del 1997 (in mostra viene esposta una grande immagine fotografica di quell’evento), dove l’artista denuncia, attraverso un rituale di purificazione, gli orrori che sono stati commessi durante la guerra nei Balcani.
Enigma
Il mistero insondabile è il filo rosso che lega la ricerca dei collezionisti e l’indagine degli artisti. Accanto alla relazione tra Giorgio de Chirico e Giulio Paolini, in questo ambito compaiono le alchemiche testimonianze pittoriche di Gino De Dominicis, così come Oggetti a scomparsa totale di Emilio Prini, i percorsi concettuali di Joseph Kosuth o le “icone” luminose di Dan Flavin. Tutto ciò passa attraverso una serie di altre testimonianze emblematiche come l’omaggio di Francesco Clemente al filosofo Michel Foucault, la ricostruzione dell’universo cosmogonico e mitologico di Matthew Barney o lo spazio metafisico che caratterizza le due grandi sculture di Anish Kapoor. Fa parte dell’enigma anche il puzzle tridimensionale di Ahmet Ögüt dove i personaggi a grandezza naturale possono essere spostati dagli spettatori a loro piacimento.
L’altro visto da sé
“Ciò che conta per noi è di far la prova della nostra esistenza” scrive Jean Baudrillard nel pamphlet che dà il nome a questa sezione dove i destini degli artisti e dei collezionisti s’incrociano in una serie di lavori che vanno oltre la semplice rappresentazione. Da Cindy Sherman a Luigi Ontani passando attraverso Barbara Kruger, Zhang Huan e Bill Viola, si va incontro ad un’indagine sul soggetto e la sua ridefinizione. Se Sarah Lucas gioca con la sparizione della figura, i ricami di Francesco Vezzoli mettono in scena, con malinconia, le dive hollywoodiane. Insieme alle figure ritagliate e anonime di Mario Ceroli che s’incrociano sulla scala, Maurizio Cattelan propone in La rivoluzione siamo noi il suo ritratto appeso a un gancio con gli abiti di feltro di Joseph Beuys in un’installazione emblematica.
Controllare il caos
La sezione propone modelli linguistici differenti che hanno come elemento unificante quello di esprimere l’energia vitalistica insita nella materia attraverso un’azione che, di volta in volta, può essere differente. Se Daniel Buren, attraverso uno strumento visivo ripetuto, libera l’immaginazione di chi osserva, Lucio Fontana oltrepassa i limiti della pittura in una tensione continua verso l’infinito. Controllare il caos, poi, presenta istanze razionaliste non prive di una componente paradossale (Sol LeWitt, Fabrizio Plessi, Piero Fogliati, Tatsuo Miyajima), accanto a procedimenti di carattere emotivo; l’horror vacui attraversa le opere di Keith Haring, Ellen Gallagaher, Ben e Damien Hirst, mentre il rapporto costante con la materia fisica delinea l’indagine di Jannis Kounellis e Tony Cragg. Mario Merz, infine, ne I giganti boscaiuoli, un’opera di oltre cinque metri, ricerca i principi archetipali che regolano l’universo.
Esplorazioni
Un giardino aereo di Tomás Saraceno con 60 “cuscini” aerostatici disposti sullo scalone centrale dello Spazio XNL, danno il benvenuto agli spettatori nell’ambito di un percorso che rappresenta un ulteriore elemento d’intersezione tra la ricerca dei collezionisti e quella degli artisti. Il viaggio, in base al titolo della lirica scultura di Fausto Melotti, ma anche il Nido cosmico, come lo definisce Nicola De Maria o Propagazione, l’installazione site specific realizzata da Giuseppe Penone appositamente per la mostra, propone una serie di riflessioni sul nostro “stare al mondo” con opere che spaziano dai mappamondi di Roberto Cuoghi e Mona Hatoum, passando attraverso il prototipo della Mercedes rielaborata da Tobias Rehberger o il veicolo antifunzionalista di Gianni Piacentino. In questo ampio itinerario compare anche un arazzo di William Kentridge con un misterioso cavaliere che viaggia verso la terra promessa, due immagini del Vesuvio di Andy Warhol e i paesaggi fotografici dipinti da Gerhard Richter. Insieme a Luciano Fabro e a Piero Gilardi, infine, fa la sua comparsa Entrare nell’opera di Giovanni Anselmo, un inno alla libertà dove l’artista sembra condurre il visitatore in un prato sterminato.
Spazi di Monocromia
L’ultima sezione si sviluppa attraverso una fondamentale serie di lavori sulla monocromia proposti nella sede della Galleria Ricci Oddi. Intorno a uno dei temi maggiormente indagati del ‘900, si crea una dialettica con la raccolta permanente realizzata dal collezionista piacentino con particolare riferimento alle sculture di Medardo Rosso. La ricerca passa attraverso le opere di Piero Manzoni, Enrico Castellani, Mario Schifano, Fabio Mauri, Gregor Schneider ed Ettore Spalletti a cui si aggiungono le digressioni di Wolfgang Laib, Domenico Bianchi, Marco Bagnoli e Remo Salvadori. Una monocromia che diventa sfida per gli artisti dell’ultima generazione con i lavori illusionistici, tra bidimensionalità e tridimensionalità, di Wyatt Kahn, l’installazione di manifesti rovesciati proposta da Stefano Arienti, i granelli di smog che creano una superficie uniforme ne Le ceneri di Milano di Luca Vitone a cui si aggiunge Pietro Roccasalva con un neon che si estende nello spazio per quasi sette metri in omaggio a Lucio Fontana. La componente classica dell’indagine emerge, poi, dalla scultura in marmo nero di Carrara dell’artista americano Barry X Ball e dalla fotografia di Mimmo Jodice che ripropone la memoria del passato attraverso il frammento di una testa ritrovata a Ercolano. Sul marmo bianco di Alberto Garutti, poi, compare la scritta “tutti i passi che ho fatto nella mia vita mi hanno portato qui, ora” che potrebbe essere considerato come un messaggio rivolto ai collezionisti.
Immagine di copertina: Mimmo Jodice, Ercolano, 1999, stampa giclée, 74x74x2 cm, Collezione De Iorio (Trento)
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