LOUISE NEVELSON: UNA RETROSPETTIVA CHE OMAGGIA LA SCULTURA DEL XX SEC.

Fino all’8 gennaio 2023, il Museo Comunale di Ascona (Svizzera) ospita Assembling Thoughts, una importante retrospettiva di Louise Nevelson (1899-1988), tra le massime rappresentanti della scultura del XX secolo

La rassegna, la prima grande antologica di Louise Nevelson mai realizzata in Svizzera, organizzata dal Museo Comunale di Ascona in collaborazione con la Fondazione Marconi di Milano, è curata da Mara Folini e Allegra Ravizza.

La mostra presenta oltre ottanta opere tra disegni, collage e sculture che ripercorrono la poetica dell’artista naturalizzata americana, ma ucraina di nascita, a cui si aggiunge una sezione con materiale storico, documentaristico e didattico per far comprendere l’evoluzione del suo pensiero creativo.

Il percorso espositivo si costruisce attorno a un nucleo di lavori che spazia dai rari disegni degli anni trenta fino alle famose nere e monumentali “sculture-assemblaggi” degli anni sessanta e settanta, che dialogano con una selezione di più di sessanta collage, frutto della sua ricerca più intima, sviluppata lungo un periodo di trent’anni, dal 1956 al 1986.

Louise Nevelson Untitled, 1973-1978 Cartoncino, pittura spray e carta su tavola, 100.7 x 81 x 1.3 cm Collezione privata, Courtesy Fondazione Marconi, Milano, © 2022, ProLitteris, Zurich

Questi lavori sono una sorta di laboratorio di idee, di sperimentazione in progress, di tecniche, di materiali e soprattutto di riciclo di oggetti d’uso comune casualmente trovati e liberamente trasformati, che testimoniano il vasto orizzonte entro cui Louise Nevelson elabora i risultati astratti delle avanguardie storiche e del lavoro dei suoi contemporanei, sia sul piano tecnico che su quello concettuale.

La mostra si apre con i disegni degli anni trenta, che riportano la sagoma sintetica di un corpo femminile, ora a figura intera nelle sue forme piene, ora essenziale e schematica. Questi primi lavori attestano già quanto il movimento sarà centrale nella sua interpretazione personale del linguaggio cubista, che deriva anche dalla sua esperienza della danza “olistica” praticata con la celebre ballerina e coreografa americana Martha Graham.

La peculiare interpretazione della scomposizione cubista è significativamente esercitata dalla Nevelson proprio grazie all’infinita libertà espressiva e combinatoria che questa tecnica le offre per esprimere la sua immaginazione creativa. Questa medesima inventiva ritorna nelle acqueforti e puntasecca degli anni cinquanta, così come nelle litografie e tecniche miste degli anni settanta, che la vedono padrona dei mezzi grafici, nell’elaborazione di tecniche di stampa anticonvenzionali per l’uso di materiali inusuali come piccoli elementi materici, tessuti e merletti, carte traslucide e altro.

Annoverata tra i protagonisti dell’Informale e delle Neoavanguardie, il suo linguaggio cubista, a partire dagli anni cinquanta, si radicalizza nella plasticità monumentale delle sue iconiche sculture nere, come in Ancient Secret del 1964, in cui dà libero sfogo al suo impulso di assemblare e riciclare pezzi di legno erratici, scartati o abbandonati, testimoni di memoria e di storia.

Le opere di Louise Nevelson pulsano di una energia intensa, che significativamente si esprime nell’uso simbolico e “purificante” del nero, con cui l’artista dipinge ogni parte delle migliaia di frammenti di legno diversamente accostati, collocati in scatole anch’esse di legno, secondo un ordine sia casuale che geometrico.


Louise Nevelson Untitled, c. 1985 Cartone, pittura e legno su tavola, 89 x 61 cm Collezione privata, Courtesy Fondazione Marconi, Milano, © 2022, ProLitteris, Zurich;

Il percorso espositivo entra quindi nel suo nucleo più vitale e intimo, ovvero quello dei Collages che la Nevelson ha realizzato nel corso di tutta la sua carriera, custodito e mai esposto.

Collages, che testimoniano il suo vasto orizzonte artistico perfettamente al corrente dei risultati astratti delle avanguardie storiche, rappresentano in modo sostanziale anche il suo linguaggio distintivo all’insegna della piena libertà espressiva e compositiva. Questi Assemblages dall’estetica armonica rivelano l’attenzione dell’artista verso il recupero di frammenti di “vita” abbandonati o considerati non rilevanti dalla società di massa, rendendoli unici, grazie al lavoro di ricerca e all’estro dell’artista, che fu insieme donna, ecologista ante litteram, capace di lottare con orgoglio per la propria femminilità.

Louise Berliawsky nasce nel 1899 a Kiev in Ucraina. La sua famiglia emigra negli Stati Uniti nel 1905. Si sposa nel 1920 e, acquisendo il cognome del marito, diventa Louise Nevelson. Inizia a studiare il disegno, la pittura, il canto, l’arte drammatica. Alla fine degli anni venti segue un corso all’Art Students League di New York. Lavora poi con Hans Hofmann a Monaco di Baviera (1931), quindi con Diego Rivera a New York e a Città del Messico dove sarà sua assistente per diversi progetti.
A partire dal 1933 espone le sue incisioni e pitture, e per la prima volta nel 1936 le sue sculture. La sua prima personale è del 1941 alla Nierendorf Gallery a New York. Tra il 1949 e il 1950 studia e sperimenta nuovi materiale come la terracotta, l’alluminio, il bronzo allo Sculpture Center di New York, poi l’incisione con Stanley William Hayter all’Atelier 17.
Negli anni cinquanta è uno dei primi scultori americani a presentare degli assemblaggi. Le sue prime sculture sono caratterizzate dall’utilizzo di una tempera nera opaca che ricopre e azzera ogni differenza cromatica d’origine; in seguito, diventeranno più luminose e liriche, bianche o oro, con l’aggiunta spesso degli specchi o del plexiglas. Negli anni ottanta Louise Nevelson risponde a delle commesse pubbliche creando dei lavori site-specific che prevedevano l’assemblaggio di frammenti e parti di metallo tagliato, l’artista crea così delle grandi sculture urbane. Louise Nevelson muore nel 1988 a New York.

Commento di Cristina Rossello: “L’artista nella sua ricerca, compone casse composte da reliquie di pezzi di legno di ogni genere che ci suggeriscono un mondo immaginario e poetico, in un frammento di vita scomposto e ricomposto come architetture intime e personali. Una lettura di una società sempre più fragile e allo stesso tempo ricca di memorie”.

 

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