MUSEO ARCHEOLOGICO DI VERONA: USO DI TECNOLOGIE PER UN’ESPERIENZA IMMERSIVA

Museo Archelogico di Verona
Il nuovo Museo Archeologico Nazionale di Verona, accolto nell’ex Carcere Asburgico di San Tomaso, dal 26 ottobre si arricchisce di una nuova, ampia sezione interamente riservata all’Età del Ferro

Una nuova sezione che andrà ad aggiungersi a quella dedicata alla Preistoria e Protostoria, “Agli albori della creatività umana”, con la quale il museo era già stato inaugurato lo scorso 17 febbraio. La nuova sezione, curata sotto il profilo scientifico da Giovanna Falezza, direttrice del Museo, e da Luciano Salzani, già funzionario della Soprintendenza veronese, in stretta collaborazione con la stessa Soprintendenza, è stata allestita da Chiara Matteazzi, in continuità con il precedente allestimento museale.

Il criterio è quello cronologico, con una serie di focus su oggetti e rinvenimenti di particolare interesse. Ad essere documentata è la storia del territorio veronese, luogo di incontri e contatti che qui si intrecciarono tra Veneti, Etruschi e Reti.

L’Età del Ferro si sviluppò nel corso del primo millennio a.C., volgendo al termine con le prime manifestazioni dell’arrivo dei Romani, all’incirca nel 2^ secolo a.C. “Già a partire dal 9° secolo a.C., nel Veronese, sia in pianura che in collina, sorgono numerosi abitati, anche di rilevanti dimensioni: ad esempio il centro veneto di loc. Coazze di Gazzo Veronese, che si estendeva su una superficie di oltre 60 ettari, con ampie aree di insediamenti abitativi accanto ad aree artigianali. Oltre, naturalmente, alle estese necropoli, dalle quali provengono oggetti particolari, venuti da lontano e con lavorazioni raffinatissime, a testimoniare la ricchezza dei contatti di cui il nostro territorio è teatro in questo periodo ”. Ad anticiparlo è la direttrice Giovanna Falezza.

foto di Gianluca Stradiotto

Sono soprattutto i ricchissimi materiali rinvenuti negli scavi delle necropoli a fornire i contenuti della nuova sezione. Sepolture di uomini e donne ma anche di cavalli: i cavalli veneti, citati da fonti latine e greche per la loro agile bellezza. Nel percorso museale, uno dei due “Cavalli delle Franchine”, necropoli in territorio di Oppeano. Un maschio, morto a 17-18 anni, 135 cm al garrese, sepolto in una piccola fossa coricato sul fianco destro, con le gambe ripiegate.

Sicuramente emoziona la tomba del “Principe bambino”, una delle 187 della necropoli celtica di Lazisetta a Santa Maria di Zevio, unica per la ricchezza del corredo funebre. E’ la sepoltura di un bambino di 5-7 anni, le cui ceneri vennero deposte assieme ad un sontuoso carro da parata (di cui restano gli elementi metallici quali mozzi delle ruote, timone, 1 cerchione di ruota, 2 morsi dei cavalli che lo trainavano) e ad un ampio corredo tipico solitamente dei guerrieri adulti (spada, lancia, giavellotto e scudo), oltre a vasellame ceramico e bronzeo, monete, attrezzi agricoli e strumenti per il banchetto (spiedi, coltelli, alari e un graffione di ferro). All’interno di alcuni vasi erano residui di ossa di maiale, resti del banchetto funebre.
L’attento studio del contesto ha permesso agli archeologi di ricostruire il rituale con cui questo giovane “principe” fu sepolto: dopo essere stato cremato insieme ad alcune offerte, le sue ceneri furono raccolte in un contenitore in materiale organico (stoffa o cuoio) e deposte nella fossa assieme al resto del corredo; al di sopra fu collocato il carro, capovolto e parzialmente smontato; infine, dopo un parziale interramento, fu acceso un secondo grande fuoco rituale. Alla fine la tomba fu probabilmente coperta da un tumulo che segnalava l’elevato stato sociale del defunto.

foto di Gianluca Stradiotto

Non meno curiosa una tomba (7° sec. a.C.), rinvenuta in una delle 3 necropoli di Oppeano. Appartenne ad una bambina di pochi anni. All’interno dell’urna, al di sopra delle ossa combuste, oltre ad alcuni elementi di corredo sono stati deposti alcuni elementi molto particolari: delle conchiglie, di cui una forata, legate forse alla sfera del gioco; un astragalo, probabilmente un amuleto; infine un uovo di cigno, uccello acquatico ritenuto sacro. Proprio quest’ultimo assume un significato rituale molto importante, interpretabile come simbolo di rinascita e rigenerazione.

foto di Gianluca Stradiotto

Commento di Cristina Rossello: “Interessante vedere come la storia, anche più antica, possa diventare un’esperienza contemporanea. Con l’uso delle tecnologie, come in questo caso, le due esperienze immersive e le postazioni multimediali creano una diversa narrazione migliorandone così la comprensione di questi reperti con un migliore coinvolgimento. Oggi la tecnologia applicata alla cultura rappresenta un grande passo avanti per la sua fruizione e consente sempre di più al visitatore, di comprendere, di apprezzare e rivivere la storia con grande partecipazione.”

 

Cosa vedere alla sezione “Preistoria e Protostoria”

Seguendo un ordine cronologico, le prime sale si focalizzano sul Paleolitico, fase in cui il territorio Veronese è testimone della piena espansione delle popolazioni neandertaliane e dell’Homo sapiens in Europa. Il Museo racconta le prime forme d’arte e la vita di queste popolazioni di cacciatori e raccoglitori, accogliendo preziosi reperti di due siti di grande rilevanza a livello europeo: la Grotta di Fumane, con le sue pietre dipinte – prima fra tutte, lo Sciamano – e Riparo Tagliente.

Seguono le sale dedicate al Neolitico, fondamentale fase della preistoria in cui i gruppi umani passano da un’economia basata essenzialmente su caccia e pesca all’introduzione di agricoltura e allevamento e quindi alla possibilità di produrre il cibo per il proprio sostentamento. I reperti dal sito veronese di Lugo di Grezzana immergono i visitatori nella vita di un villaggio neolitico, mentre i rinvenimenti da altri siti veronesi li introducono ai rituali funebri e agli oggetti dedicati al culto.

Di seguito, la sala dedicata all’Età del Rame, momento della preistoria in cui l’Uomo scopre la possibilità di utilizzare un metallo – il rame, appunto – per realizzare armi e strumenti. La necropoli recentemente scoperta di Nogarole Rocca, statue-stele e preziosi corredi tombali dal territorio veronese accompagnano i visitatori nella prima “età dei metalli”.

La quarta sezione, la più articolata, riguarda l’Età del Bronzo. In questa fase cronologica le comunità umane, oltre ad introdurre l’uso del bronzo per la costruzione dei propri oggetti, diventano sempre più numerose, complesse ed interconnesse tra loro. Il Museo racconta la vita di questi abili artigiani e costruttori: l’enorme pozzo di Bovolone, valorizzato con un gioco di luci, campeggia al centro della sala dedicata ai villaggi; attorno, alcuni modellini raccontano le antiche tecniche edilizie, mentre reperti eccezionali parlano al visitatore della vita e del lavoro di tutti i giorni. Questa sezione accoglie una vetrina dedicata alla tre palafitte UNESCO della provincia di Verona, oltre ad una serie di reperti in legno dal sito di Vallese di Oppeano, eccezionalmente conservati. L’articolata vita dell’Età del Bronzo viene poi raccontata nelle sale seguenti, con una serie di reperti derivati dagli scambi con il mondo europeo e mediterraneo, e con gli eccezionali rinvenimenti dalle necropoli veronesi. Fra tutte, si ricorda quella di Olmo di Nogara, con le raffinate spade di bronzo deposte al fianco dei guerrieri. Infine, il Museo racconta quella che doveva essere l’antica ritualità, con un’ultima sala dedicata ai “doni agli dei” dell’Età del Bronzo.

La sezione dedicata all’età del Ferro, completa l’allestimento del terzo piano del Museo con gli straordinari rinvenimenti veronesi risalenti all’ultimo millennio prima di Cristo.

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