ANGELO FORTUNATO FORMIGGINI ALLA GALLERIA ESTENSE E BIBLIOTECA ESTENSE

Fomiggini
Luigi Pirandello, Fuori di chiave, Genova (s.n.t.), A.F. Formiggini, 1912, Modena, Biblioteca Estense Universitaria
ANGELO FORTUNATO FORMIGGINI. Ridere, leggere e scrivere nell’Italia del primo Novecento

A quest’uomo di straordinaria cultura, ebreo di origine modenese, lucido intellettuale e grande editore, la Galleria Estense e la Biblioteca Estense Universitaria di Modena, dal 28 febbraio al 30 giugno 2019, dedicano una mostra, col patrocinio del Comune di Modena | Comitato per la storia e le memorie del Novecento, della Regione Emilia-Romagna, di AIB Emilia-Romagna, che ne ripercorre la vicenda umana e intellettuale, in relazione al contesto storico-culturale italiano nei primi decenni del XX secolo.

L’esposizione Angelo Fortunato Formiggini. Ridere, leggere e scrivere nell’Italia del primo Novecento, curata da Matteo Al Kalak, invita a una riflessione sui valori della convivenza, della democrazia e sul significato della cultura all’interno della formazione di una coscienza collettiva.

La rassegna, che si avvale di numerosi contenuti multimediali, curati da Space, condurrà il visitatore a un contatto diretto con la singolare personalità di Formiggini, presentando numerosi documenti del suo lascito, alcuni esposti per la prima volta, e altre testimonianze artistiche dell’epoca, legati alla vita dell’editore e della cultura italiana di inizio Novecento.

Il percorso si apre con una sezione sulla storia dell’ebraismo italiano, che affonda le proprie radici nell’età antica e medievale. Saranno esposti importanti documenti, come l’atto con cui papa Niccolò V ufficializzò la politica di “tolleranza” inaugurata dai duchi di Ferrara e Modena, consentendo agli Estensi di accogliere gli ebrei nei loro Stati, o alcuni contratti di matrimonio, o ancora una Bibbia antica, tutti riccamente decorati, a testimonianza dell’eccezionale livello culturale raggiunto dagli ebrei estensi da cui Formiggini discendeva.

Si passa poi alla giovinezza di Formiggini, in un panorama in grande fermento. L’Italia, lasciate alle spalle le guerre di indipendenza e con il primo conflitto mondiale lontano, si presenta come un laboratorio di idee e movimenti.

Lo Stato unitario inaugura il nuovo secolo con il clamoroso attentato al re Umberto I e con il fronte politico dominato da Giovanni Giolitti, i cui governi caratterizzeranno il periodo precedente la prima guerra mondiale e, nel 1911, accompagneranno l’Italia all’impresa coloniale in Libia.

Sono anni densi anche sul piano della cultura. Tra i letterati spiccano, ad esempio, Giosuè Carducci, il “poeta vate” della nazione o, ancora, Giovanni Pascoli, destinato ad avere un ruolo decisivo nella vicenda di Formiggini. Non mancano poi altre voci, da quella lirica ed estetizzante di Gabriele D’Annunzio, ai toni roboanti dei futuristi, anzitutto Filippo Tommaso Marinetti.

È in questo clima di profondo cambiamento che si situa l’esperienza del giovane Formiggini. Dopo il soggiorno a Roma, eccolo a Bologna dove nel 1907 consegue la laurea in filosofia con la tesi sulla “filosofia del ridere”, qui presentata in originale, con la quale inaugurò una riflessione teorica sull’umorismo e il riso che costituì il preludio di edizioni e collane librarie cui darà vita nei decenni successivi. Accanto a questa, saranno esposti alcuni doni ricevuti dallo stesso Formiggini, come il “libro di latta” dell’amico futurista Filippo Tommaso Marinetti.

Nel 1908, Formiggini inizia la sua esperienza editoriale, sulla base degli ideali di fratellanza universale cui si era ispirato nel corso della sua giovinezza. L’avvio delle edizioni Formiggini, nel segno del poeta modenese Alessandro Tassoni, è contraddistinto dalla Miscellanea tassoniana, e dalla raccolta burlesca intitolata La Secchia: nelle due imprese furono coinvolti nomi illustri quali Giovanni Pascoli, Giulio Bertoni, Carlo Frati, Albano Sorbelli e Giulio Bariola.

Trasferitasi a Genova nel 1911, la casa editrice raggiunge i suoi vertici più alti, con 29 titoli pubblicati nel 1912 e 46 nel 1913. Allo scoppio della prima guerra mondiale, Formiggini, convinto interventista, parte poi per il fronte, persuaso che l’Europa postbellica sarebbe risorta “civile e fraterna”, se vi fosse stata “comunione di cultura fra i popoli”. Per questo, durante un congedo per malattia che si sarebbe protratto dalla fine del 1915 al 1917, fa inviare ai commilitoni quattordici casse di libri corredati da una “lettera ai combattenti” in cui spiegava la necessità di costituire biblioteche da campo. Anche durante le ristrettezze del conflitto, Formiggini rimane dunque un editore, convinto che solo la diffusione della conoscenza mediante i libri avrebbe potuto ristabilire le sorti dei popoli.

Terminata la guerra, la seconda fase dell’avventura editoriale di Formiggini si situa nel contesto del regime fascista. Formiggini, che non aveva mancato di guardare con favore ai nuovi sviluppi politici, si deve misurare con la situazione venutasi a creare. Il rapporto con il regime e, soprattutto, con i suoi gerarchi, piccoli e grandi, non è facile.

Le conseguenze del nuovo ordine imposto dal fascismo si fa sentire, inevitabilmente, anche sul piano dell’organizzazione culturale: Formiggini mostra un atteggiamento ambiguo, tentando di trovare un equilibrio nel quadro di repressione e controllo che presto si viene a instaurare. Da un lato, nella produzione degli anni venti e trenta compaiono biografie dedicate a personalità invise al regime, come le “Medaglie” dedicate ad antifascisti quali Luigi Sturzo, Giovanni Amendola o Filippo Turati; dall’altro Formiggini tenta di compiacere lo stesso Mussolini e, più in generale, il suo entourage con opere come le Battaglie giornalistiche, in cui vengono proposte al pubblico le polemiche che il duce aveva condotto dalle colonne a stampa.

Nel complesso, Formiggini definisce quello di Mussolini “un formidabile tentativo di dare all’Italia un’anima nuova e vibrante di fede”, che tuttavia aveva visto nei gerarchi e negli altri uomini dell’apparato dei cattivi esecutori.

La vera frattura con il regime e, per molti aspetti, l’avvio della definitiva disgrazia della impresa editoriale di Formiggini si ha con lo scontro con il filosofo Giovanni Gentile, uno degli esponenti più illustri del regime.

Gli anni trenta segnano per l’azienda di Formiggini un momento di rapido declino. Nonostante i tentativi di riconfigurare l’assetto societario – la casa editrice è trasformata nella Società Anonima Formiggini –, il capitale subisce una svalutazione del 40% e le passività createsi sono fronteggiate da Angelo Fortunato con la vendita di molti terreni e proprietà di famiglia.

Nel 1937, il regime arriva addirittura a confiscare la casa di Formiggini nei pressi del Campidoglio a Roma, dove Mussolini aveva disposto un riassetto urbanistico attorno all’attuale via dei Fori imperiali.

Nel 1938, infine, con l’uscita del Manifesto della razza e, a breve distanza, delle leggi razziali, il Ministero della Cultura indaga sull’etnia dei dipendenti della casa editrice Formiggini.

Per l’editore modenese, sono mesi di disillusione, in cui fa di tutto per essere “discriminato”, ovvero esentato dalle normative sulla razza. Scrive inutilmente al Ministero della guerra per richiedere la croce di guerra che lo avrebbe salvato dalle leggi razziali.

Tra i documenti tratti dagli archivi dell’azienda editoriale, affiorano le lettere, riservate e burrascose, indirizzate a Mussolini e agli altri gerarchi del regime fascista.

La sua vicenda umana s’interrompe in modo tragico, quando l’editore si getta dalla torre della cattedrale di Modena.

Chiudono idealmente il percorso due documenti di eccezione: il testamento olografo di Formiggini e la ricostruzione virtuale, basata su foto d’epoca e ricerche d’archivio, della “Casa del ridere”, la collezione privata di manoscritti e stampe sull’umorismo, che Formiggini custodì gelosamente fino agli ultimi giorni per farne dono, alla sua scomparsa, alla Biblioteca Estense.

Alla mostra si accompagna una rassegna dedicata alla collezione di cartoline provenienti dalla raccolta Casa del Ridere di Angelo Fortunato Formiggini, ambizioso e variegato progetto collezionistico da lui stesso definito “una specie di biblioteca e di museo di tutto ciò che è attinente al Ridere, senza limiti di tempo e di geografia”. La rassegna Intitolata Ridere in tempo di guerra. La Grande Guerra raccontata dalle cartoline di Angelo Fortunato Formiggini, a cura di Nadia de Lutio e Erica Vecchio, nella Sala Campori della Biblioteca Estense Universitaria restituirà una visione d’insieme degli orientamenti e dei principali eventi della Grande Guerra, letti attraverso la lente delle cartoline umoristiche. Seguendo quella filosofia del ridere tanto cara all’editore modenese, il visitatore potrà ripercorrere la storia di personaggi come Guglielmo II e Francesco Giuseppe, gli anni cruciali del conflitto e i suoi tragici danni.

Oltre all’indubbio valore di testimonianza storica sulla Grande Guerra, queste cartoline conservano ancora la viva bellezza del tratto artistico e satirico di importanti illustratori dell’epoca come Aurelio Bertiglia, Attilio Mussino, Golia (pseudonimo di Eugenio Colmo), Virgilio Retrosi.

Immagine di copertina: Luigi Pirandello, Fuori di chiave, Genova (s.n.t.), A.F. Formiggini, 1912, Modena, Biblioteca Estense Universitaria

Rossello Family Office di Cristina Rossello

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