Non sono molti i musei pubblici italiani a poter contare su opere di grandi interpreti del ‘900 internazionale. Soprattutto se ci si riferisce ad un livello qualitativo e storico davvero assoluto. Cà Pesaro – Galleria Internazionale d’Arte Moderna, gioiello della Fondazione Musei Civici Veneziani, può invece contare su tali e tanti capolavori da poter organizzare, senza la necessità di ricorrere ad alcun prestito esterno, una mostra dello spessore quale è : “Kandinsky e le avanguardie. Punto, linea e superfice”, che si potrà ammirare fino al 21 febbraio al Centro Culturale Candiani di Mestre.
In mostra una raffinata selezione di capolavori del Novecento internazionale e italiano, pervenuti all’istituzione veneziana per volontà di grandi collezionisti – da Paul Prast a Giuseppe e Giovanna Panza di Biumo – o attraverso acquisizioni da artisti-collezionisti come Emanuel Föhn o derivati da lasciti, come quelli di Lidia de Lisi Usigli, oppure acquisiti dal Comune di Venezia in occasioni di Biennali o ancora destinati a Cà Pesaro dal Ministero della Cultura, da altre istituzioni o da aziende come Esso Standard Italia.
«Al Candiani – anticipa Elisabetta Barisoni , che di Cà Pesaro è la Responsabile – presentiamo un nucleo di ben nove opere di Kandinsky, tra le quali “Zig zag bianchi” del 1922, acquisito alla Biennale del 1950, e “Tre triangoli” del 1938, lascito di Lidia de Lisi Usigli, insieme ad un’emozionante sequenza di “Piccoli mondi” del 1922, donazione di Paul Prast. Si tratta di una raccolta di opere grafiche che il maestro russo realizza nel 1922, quando insegna presso l’importante officina creativa rappresentata dalla scuola del Bauhaus. Le tecniche sono diverse, ciascuna scelta da Kandinsky per il suo carattere unico: la litografia combina segni e colori per produrre un’immagine che si avvicina il più possibile a un dipinto, la xilografia è invece caratterizzata dall’interazione di primo piano e sfondo, mentre la puntasecca permette precisione di segno e studio delle linee. I “piccoli mondi” diventano per Kandinsky microcosmi autonomi, quasi delle piccole galassie in dialogo le une con le altre».
In abbinata con Kandinsky, Paul Klee, anch’egli rappresentato da un nucleo di sette opere. Si va da “Idillio di villaggio” a “Mangia dalla mano”, rispettivamente del 1913 e del 1920, a “Con il serpente”, straordinaria opera del 1924, al “Paesaggio con rocce ed abeti” del 1929 e “Tre soggetti polifonici” del 1932. Completa la sezione un lavoro su carta di Lyonel Feininger, “Il molo sul Rega” del 1927. Si tratta di opere uniche nel panorama museale italiano, che testimoniano la ricchezza e la varietà delle collezioni civiche veneziane. Attraverso i capolavori esposti si esprime pienamente la grande rivoluzione del gruppo artistico Der Blaue Reiter, Il Cavaliere Azzurro, che oltre a Kandinsky ha avuto Klee e lo stesso Feininger tra i protagonisti.
Questi autori passano poi nella scuola del Bauhaus, luogo dove si sviluppano le ricerche delle avanguardie e dove queste sono tradotte alle nuove generazioni che si stavano formando in Europa tra gli anni Venti e il 1933, data di chiusura della scuola tedesca ad opera del potere nazista. La successiva, non meno spettacolare, sezione su “Le avanguardie tra astrazione e Surrealismo” allinea opere di Enrico Prampolini, Luigi Veronesi, Joan Miró, Antoni Tàpies, Yves Tanguy, Victor Brauner e Jean Arp. Ancora una volta Kandinsky è in relazione con numerose correnti artistiche non figurative che nascono durante gli anni Venti, nel momento in cui Parigi è crocevia di gruppi che ripensano la creazione a partire dall’astrazione.
Tra gli italiani è presente il futurista Enrico Prampolini, che alle forme geometriche affianca nuovi motivi, organismi embrionali e cromie che ricreano liriche assonanze musicali. Prampolini, di cui Ca’ Pesaro conserva un dipinto della serie di “Analogie cosmiche” (1931), rappresenta anche il legame più significativo tra la linea dell’arte astratta e l’arte non figurativa informale del secondo dopoguerra. Anche Luigi Veronesi è a Parigi nello stesso periodo e nel 1934 aderisce ad AsbtractionCréation, gruppo di cui faranno parte, oltre a Prampolini, Ben Nicholson e Jean Arp, rappresentati in mostra con due opere eccezionali che costituiscono, ancora una volta, presenze uniche nel panorama dei Musei italiani. “Astrazione del secondo dopoguerra” è il tema della terza sezione della mostra, che apre con Nicholson e si sviluppa poi ad abbracciare movimenti artistici lontani nel tempo e nello spazio, con uno sguardo trasversale e parallelo nel secondo dopoguerra. Le forme espressive dell’Informale e dell’Espressionismo astratto intendono l’atto artistico come azione individuale, singolare, diretta, che superi qualunque mediazione, codificazione preventiva, formalizzazione del linguaggio. Il punto di partenza è vicino alle riflessioni del Maestro russo e l’arte viene vissuta come un processo esistenziale oltre che creativo, come espressione più libera possibile di passioni, tensioni, sensazioni, trasformate in segno, gesto, colore, materia. Da Afro e Santomaso a Emilio Vedova, da Mario Deluigi a Tancredi, da Karel Appel a Mark Tobey, le forme dell’astrazione nella seconda parte del ‘900 si collocano tra informale, suggestione lirica e carica gestuale. Non manca uno sguardo alla scultura, tecnica espressiva di cui Ca’ Pesaro conserva esempi importantissimi, e qui troviamo ancora il dialogo tra astrazione e biomorfismo: negli archetipi, vicini a Paul Klee, di Mirko Basaldella, nelle concrezioni plastiche, tra pieni e vuoti, del maestro spagnolo Eduardo Chillida e, in ambito spazialista, nella lezione di Arp ripresa dalle costruzioni di Bruno De Toffoli o nelle intime e sofferte “Luci nel bosco” di Luciano Minguzzi.
La linea dell’astrazione rimane e diventa radicale, quasi ascetica, nelle epoche successive, quando prendono vita i movimenti dalle concezioni minimali, ben espresse nel lavoro di Richard Nonas e di Julia Mangold. Queste prove plastiche, pur lontane nel tempo e nello spazio, instaurano un dialogo vivace con i capolavori delle avanguardie di inizio secolo e testimoniano la vitalità della lezione di Kandinsky e il suo credo nel potere della produzione artistica, come scriveva nel 1926 nel volume “Punto, linea, superficie”: «L’arte supera i limiti in cui la sua epoca vorrebbe costringerla e annuncia il contenuto del futuro». «Kandinsky e le avanguardie – commenta Mariacristina Gribaudi, Presidente della Fondazione Musei Civici di Venezia – conferma la nostra volontà di dare il via ad una nuova fase della collaborazione con il Centro Culturale Candiani, forti delle importanti iniziative che ci hanno visti protagonisti a Mestre fin dal 2016. Si tratta inoltre di una grandissima opportunità di vedere con occhi nuovi un nucleo importante delle raccolte di Ca’ Pesaro e mi auguro che queste iniziative, concretizzate in un’azione diffusa sul territorio, possano dare buoni frutti per la crescita delle nostre comunità e per il ritorno dei visitatori nazionali e internazionali nel nostro Paese».
Commento di Cristina Rossello: Si tratta di una grandissima opportunità di vedere con occhi nuovi un nucleo importante delle raccolte di Ca’ Pesaro e mi auguro che queste iniziative, possano contribuire ad una crescita culturale anche territoriale e un ritorno dei visitatori nazionali e internazionali nel nostro Paese»