ARTE POVERA AND SOUTH AFRICAN ART IN UN DIALOGO INTERCULTURALE

Il 27 settembre 1967 a Genova, presso la Galleria La Bertesca, Germano Celant presenta la mostra “Arte povera Im-spazio”

In questa occasione conia la definizione di Arte povera per indicare, come scrive in catalogo, il processo linguistico di alcuni artisti italiani che “consiste nel togliere, nell’eliminare, nel ridurre ai minimi termini, nell’impoverire i segni, per ridurli ai loro archetipi”.

Il duplice progetto espositivo intitolato “Arte Povera and South African Art: In Conversation”, promosso dal Consolato Generale d’Italia a Johannesburg presso il Wits Art Museum di Johannesburg fino al 9 dicembre 2023, intende celebrare i 55 anni da quella prima esposizione e definizione nel 1967, proponendo da un lato, un primo approfondimento sull’Arte povera nel Continente africano; dall’altro, una prima riflessione sulla sua influenza oltre i confini nazionali, nello specifico in Sudafrica.

Il progetto presenta pertanto due componenti tra loro in dialogo: la mostra “Arte Povera 1967-1971”, a cura della curatrice italiana Ilaria Bernardi, e la mostra “Innovations in South African Art, 1980s-2020s”, a cura del curatore sudafricano Thembinkosi Goniwe.

Arte Povera 1967-1971”, a cura di Ilaria Bernardi, rappresenta la prima mostra dell’Arte povera sul Continente africano e la prima mostra sull’Arte povera dopo la scomparsa del suo teorizzatore, Germano Celant, avvenuta nel 2020. Ha pertanto un’importante valenza storica.
La mostra accoglie le opere dei 13 artisti che sono considerati gli esponenti canonici dell’Arte povera: Giovanni Anselmo, Alighiero Boetti, Pier Paolo Calzolari, Luciano Fabro, Jannis Kounellis, Mario Merz, Marisa Merz, Giulio Paolini, Pino Pascali, Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto, Emilio Prini, Gilberto Zorio.

Michelangelo Pistoletto, Orchestra di stracci – Quartetto, 1968. Ph. Mart Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto – Archivio Fotografico e Mediateca

La curatrice Ilaria Bernardi, anziché proporre una retrospettiva generale sulle ricerche di questi artisti, ha preferito adottare un concept più originale, meno scontato, capace di restituire la vivacità e il dialogo esistenti tra artisti e opere nella seconda metà degli anni Sessanta. Al Wits Art Museum saranno perciò esposte opere datate perlopiù tra il 1967, anno in cui Celant conia il termine Arte povera, e il 1971, anno in cui egli postula che l’etichetta Arte povera deve dissolversi affinché ogni artista possa assumere la sua singolarità. La mostra desidera dunque approfondire la prima fase di quella ricerca definibile “povera”, ma al contempo si propone di coglierne i comuni denominatori che hanno portato Celant a definirla tale. Da qui l’aggiunta di alcune opere realizzate negli anni immediatamente precedenti al 1967. Accanto alle opere, la mostra includerà un ampio apparato fotografico e documentario al fine di fornire un approfondimento cronologico, storico e critico dell’Arte povera e delle ricerche dei suoi artisti.

La mostra “Innovations in South African Art, 1980s-2020s”, curata da Thembinkosi Goniwe, sottolinea invece la traiettoria di sperimentazione, scoperta e improvvisazione nel lavoro di un gruppo selezionato di artisti sudafricani. Il loro lavoro è radicato a livello locale ma orientato a livello internazionale nelle sue esplorazioni visive parallele, sovrapposte e intersecate con movimenti artistici come l’Arte povera. Gli artisti in mostra sono: Jane Alexander, Willem Boshoff, Bongiwe Dhlomo-Mautloa, Kay Hassan, David Thubu Koloane, Moshekwa Langa, Bill Mandindi, Senzeni Marasela, Kagiso Pat Mautloa, Thokozani Mthiyane, Lucas Seage, Usha Seejarim, Kemang Wa Lehulere.

In linea con le politiche e gli obiettivi del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e in continuità con l’azione portata avanti dall’Ambasciata d’Italia a Pretoria e dal Consolato Generale d’Italia a Johannesburg in questi anni, il progetto “Arte Povera and South African Art: In Conversation” ha l’obiettivo di sviluppare ulteriormente i ponti tra Italia e Sudafrica per dimostrare come l’interscambio culturale sia necessario per un proficuo sviluppo artistico transnazionale.

Commento di Cristina Rossello: L’Arte Povera come movimento rifiutava ogni inserimento in una corrente politica, promuoveva quindi una filosofia di vita, una filosofia all’azione e alla ribellione che implose nella seconda metà degli anni ’60. Un atteggiamento sociale – che precede il ’68 – di negazione alla ricerca di nuovi valori riappropriandosi dell’elemento naturale attraverso l’espressività artistica. L’arte comunque è e sarà sempre un messaggio universale capace di stimolare un dialogo interculturale, ben vengano perciò partnership tra le istituzioni pubbliche di diversi paesi.

Immagine di copertina: Giulio Paolini, Averroè, 1967. Ph. Paolo Pellion. Courtesy Fondazione Giulio e Anna Paolini, Torino

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