PASQUA NELLA “TAVOLA DEL VOLTO SANTO IN SAN PIETRO” DI UGO DA CARPI

La tavola del Volto Santo da San Pietro in Vaticano, ruota attorno alla pala d’altare che Ugo da Carpi realizzò proprio cinquecento anni fa (1524-2024), in preparazione del Giubileo del 1525.

La tavola, opera devozionale di grande rilievo, un tempo esposta sull’altare del Volto Santo in San Pietro, secondo per importanza solo a quello papale sopra la tomba dell’apostolo, presenta la figura della Veronica vestita con una tunica gialla e un mantello violaceo, in piedi sull’uscio di una porta sopra il terzo gradino di una scala che sembra formare una sorta di podio. Allargando le braccia, stringe tra le mani i lembi di un sudario sul quale è impresso il Volto Santo del Signore Gesù, scuro e con il caratteristico profilo a tre punte della venerata reliquia custodita da almeno tredici secoli nella basilica di San Pietro. Ai suoi fianchi si ergono gli apostoli Pietro, che sorregge le simboliche chiavi, e Paolo che sostiene con la sinistra un libro mentre con la destra si appoggia a una lunga spada.

Ugo da Carpi, Ostensione del Volto Santo, 1524-1525, Fabbrica di San Pietro, Città del Vaticano, crediti Mallio Falcioni

Per quest’opera, Ugo da Carpi s’ispirò alla xilografia La Veronica mostra il velo del Volto Santo tra gli apostoli Pietro e Paolo realizzata da Albrecht Dürer nel 1510 – presente in mostra, proveniente dai Musei Civici di Pavia -, adattata all’altare di San Pietro da Francesco Mazzola, detto il Parmigianino, che l’intagliatore carpigiano frequentò a Roma proprio in quel periodo, alla vigilia dell’Anno Santo. Parmigianino non solo rielaborò l’idea compositiva di Dürer in un formato quasi quadrato ma, stemperando nella morbida consistenza del disegno acquerellato le asprezze dell’intaglio xilografico, ne predispose anche la traduzione sulla tavola. Nonostante non abbia goduto di grande fortuna, a causa della stroncatura che ne fece Michelangelo Buonarroti e riportata nelle Vite di Giorgio Vasari, le recenti analisi diagnostiche eseguite dai Musei Vaticani hanno rivelato la straordinaria unicità di quest’opera; non si tratta infatti di un dipinto – come esplicita lo stesso Ugo nella firma: “fata per Ugo da Carpi intaiatore senza penello” -, quanto di un capolavoro dell’incisione, prodotto attraverso la stampa a più matrici, di cui era maestro. La Veronica testimonia inoltre l’intento di Ugo da Carpi di elaborare una tecnica alternativa alla pittura, tale che garantisse una sua riproducibilità multipla e che conservasse il vantaggio di poterla realizzare a più colori e in grandi dimensioni. Ed è la tecnica incisoria la chiave di lettura e d’interpretazione dell’opera xilografica di Ugo da Carpi, ma non solo, che introduce l’esposizione della tavola vaticana.


Ugo da Carpi, da Raffaello Davide che uccide Golia Post 1517 Chiaroscuro a tre legni, sui toni del verde-grigio, stato tardo 260 x 390 mm, Carpi, Musei di Palazzo dei Pio

La rassegna analizza quindi la figura e l’opera di Ugo da Carpi, di cui viene presentato un ritratto eseguito a fine Settecento da Antonio Montanari, detto il Postetta. Si potranno infatti ammirare alcuni esemplari di xilografie a chiaroscuro conservati nei Musei di Palazzo dei Pio a Carpi, come La Morte di Ananiaconsiderata la prima incisione a quattro legni di Ugo da Carpi, o come Davide che uccide Golia, ispirate a opere di Raffaello, e soprattutto il Diogene, il suo chiaroscuro più celebre, realizzato a quattro mani con Parmigianino.


Ugo da Carpi, da Parmigianino Diogene 1527-1530 Chiaroscuro a quattro legni, due toni di verde e due ocra, primo stato 470 x 340 mm, Carpi, Musei di Palazzo dei Pio

Di particolare interesse per approfondire il tema tecnico di xilografia e chiaroscuro è il legno inciso del XVI secolo, Arboro di frutti della Fortuna di autore anonimo, proveniente dalla Galleria Estense di Modena, presentato a fianco del foglio stampato, che giunge in prestito dal Museo Diocesano Tridentino di Trento. Completa il percorso una sezione dedicata alla xilografia di grandi dimensioni, nella quale l’opera di Ugo da Carpi viene contestualizzata nell’ambito del mercato veneziano di opere incise che si sviluppa intorno alla bottega di Tiziano Vecellio. Nella mostra a Palazzo dei Pio si trovano quattro esemplari di questa produzione degli inizi del XVI secolo, raramente esposti, tra cui il Sacrificio di Abramo (789 x 1076 mm), inciso da Ugo da Carpi, pubblicato da Bernardino Benalio nel 1515 e attribuito all’invenzione di Tiziano e Domenico Campagnola, e degli stessi artisti la Sommersione dell’esercito del Faraone (1220×2200 mm), una delle più grandi xilografie mai realizzata, proveniente dalle collezioni del Museo Diocesano Tridentino di Trento.

Commento di Cristina Rossello:Un’opera di straordinaria importanza che si presume realizzata di qualche anno precedente il Giubileo del 1525, concepita per l’altare dove era venerata una delle più preziose reliquie vaticane, quella del “Volto Santo”, e che trova le proprie radici nei nomi del Parmigianino e di Albrecht Dürer. Un’opera che svela così la storia compresa tra due durante il pontificato di Clemente VII e l’ormai prossimo Anno Santo del 2025. Un percorso di devozione tra antica e nuova basilica, un viaggio nel tempo e nella fede per celebrare la Pasqua.

La mostra aperta fino al 29 giugno è allestita a Carpi (MO), Musei di Palazzo dei Pio ed è curata da Manuela Rossi e Pietro Zander, organizzata col patrocinio della Fabbrica di San Pietro in Vaticano, oltre che della Diocesi di Carpi e del Museo Diocesano Tridentino di Trento.

Immagine di copertina: Particolare Lucantonio degli Uberti, da Vittore Carpaccio (o Michelangelo?) Martirio dei diecimila cristiani sul Monte Ararat 1512-1520 Xilografia, Trento, Museo Diocesano Tridentino

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