LA GRANDE OPERA DI DELACROIZ CHE INCARNA LA LIBERTÀ DEI POPOLI TORNA ESPOSTA DOPO MESI DI RESTAURO

Icona francese divenuta simbolo universale dell’idea che incarna, La Liberté guidant le peuple d’Eugène Delacroix (1798-1863) probabilmente è il dipinto più famoso del Louvre dopo La Gioconda.

Dopo sei mesi (da ottobre 2023 ad aprile 2024) di un restauro effettuato da Bénédicte Trémolières e Laurence Mugniot, consistente essenzialmente in una riduzione degli strati di vernice ossidata e intasata che soffocavano la tavolozza particolarmente curata e sottile di Delacroix, viene restituita al pubblico giovedì 2 maggio, nella sala Mollien del Louvre.

Il restauro

Eugène Delacroix è il pittore che sfrutta al massimo tutte le proprietà della materia colorata: si affida in modo particolarmente originale all’accostamento dei colori per modellare i suoi volumi, animare le sue ombre, gioca con gli stati della materia – granulosa , cremoso , liquido – per stratificare i vostri aerei, suggerire texture, creare trasparenze. Ma sono proprio questi reperti ad essere annientati dallo scurimento e dall’ingiallimento delle vernici spesse. L’assottigliamento di questi strati di vernice ha innanzitutto restituito tono all’opera: i contrasti sono vigorosi, ritorna la freddezza generale, l’illusione tridimensionale è ripristinata. I personaggi si distinguono nuovamente l’uno dall’altro secondo i piani assegnati loro dall’artista. Ad esempio, ci rendiamo conto che il ragazzo armato di pistola (spesso soprannominato “Gavroche”, anche se questo personaggio di Hugo è molto più tardo) corre davanti a Liberty e non accanto a lei. Riscopriamo quindi la ricchezza della composizione: lungi dall’essere limitata al trio centrale (La Libertà, la sua bandiera e il suo giovane compagno), il dipinto è ricco di dettagli. Delacroix non trascurò nulla del dipinto. Nessuno, ad esempio, si era accorto, prima del restauro, della scarpa di cuoio usurata, abbandonata in un angolo, in basso a sinistra. Non era né nascosto né coperto da ridipinture: lo schermo di vernice lo aveva semplicemente confuso otticamente con le pietre del selciato. Lo stesso vale per gli edifici visibili all’estrema destra: ogni facciata è diversa da quella vicina, dalle finestre arrivano degli spari, gli scontri a fuoco con le truppe si materializzano con minuscole striature rosa nella confusione del fumo.

La sorpresa principale fu la tunica Liberty, che si pensava fosse uniformemente gialla. Durante un primo test effettuato sul fondo di questa tunica, abbiamo scoperto con stupore che era di colore grigio chiaro. Estendendo la pulizia, i restauratori Bénédicte Trémolières – con l’esperienza del restauro delle Donne di Algeri nel loro appartamento nel 2021 – e Laurence Mugniot hanno evidenziato il fatto che Delacroix ha effettivamente dipinto l’intero abito in grigio, prima di aggiungere un giallo brillante a diverse densità, molto coprente a livello del busto, poi sempre più frammentario scendendo lungo le gambe. Questo aspetto volutamente degradato – anzi sbiadito trattandosi di un capo di abbigliamento – non venne più compreso nel corso del XX secolo; anche l’ultimo restauro, nel 1949, ha cercato di uniformare il colore dell’abito, mantenendo uno spesso strato di vernice su tutta la superficie, e aggiungendo riflessi aranciati nelle pieghe e nei contorni. Una volta rimosse queste ridipinture molto solubili, ci siamo resi conto che questa sfumatura gialla era stata realizzata per valorizzare il busto della Libertà. Il suo petto è incorniciato dal giallo puro del bustino, nella parte inferiore, e dall’aureola dorata posta appena dietro la testa, ora nettamente distinta dal fumo bianco presente altrove. È il punto più caldo dell’intero dipinto, complementare agli altri due colori primari onnipresenti, il blu e il rosso.

Delacroix, con un rigore inaudito, per adattarsi al soggetto, ha deliberatamente escluso il verde, l’arancione e il viola dalla sua tavolozza. Ha costruito la sua composizione sfruttando l’intera gamma dei grigi colorati, dal bianco più puro (il riflesso dell’armatura in basso a destra) al nero più profondo (il gilet del capretto). Su questa trama apparentemente austera, ma ricca di sfumature, fa cantare i tre colori nazionali blu-bianco-rosso; infine, rimedia all’eccessiva freddezza del risultato con questo giallo dorato che ha anche il pregio di evocare il carattere allegorico, quasi divino, della Libertà. Il blu, il bianco e il rosso fanno infatti il ​​loro trionfale ritorno, il 28 luglio 1830 (va ricordato che il titolo completo dato da Delacroix alla sua opera è: 28 luglio 1830. La libertà che guida il popolo) dopo essere stati banditi sotto Luigi XVIII e Carlo.

Commento di Cristina Rossello: La Libertà che guida il popolo è il dipinto emblematico di un’era che ha visto il popolo protagonista di eventi incredibili. Marianne, la donna raffigurata nel dipinto è una donna che marcia con passo sicuro, fiero e deciso. Per donare forme femminili morbide e sensuali all’opera, Delacroix ha tratto ispirazione dalla statua della Venere di Milo (custodita al Louvre). Un confronto che oggi possiamo riammirare – dopo il completamento del prezioso restauro – nello splendore dell’arte e della valorizzazione di un Patrimonio culturale pubblico importante.

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