SCUOLA SICILIANA NELLE CORTI DELL’ IMPERATORE FEDERICO II

La Scuola Siciliana di federico II

Con il termine Scuola siciliana, si intende un gruppo di poeti siciliani, italiani meridionali e toscani centrati nelle corti dell’imperatore Federico II (1194–1250) e di suo figlio Manfredi (morto nel 1266)

Stabilirono il volgare, in contrapposizione al provenzale, come lingua standard per la poesia d’amore italiana, e inoltre, sotto l’influenza delle tradizioni poetiche provenzale, francese settentrionale e forse araba, viene attribuita l’invenzione di due principali forme poetiche italiane, la canzone e il sonetto. Tra i poeti più importanti della scuola siciliana c’erano Giacomo da Lentini, Giacomino Pugliese e Rinaldo d’Aquino.

Jacopo da Lentini ne viene designato come capo – scuola. Notaio della corte federiciana, Jacopo imbriglia per la prima volta il tema amoroso nelle catene metriche del sonetto (dal provenzale, piccolo suono). Con “Amor è un desio che ven da core”

Il brillante Federico II, scrittore egli stesso, maestro di sei lingue, fondatore dell’Università di Napoli e generoso mecenate, attirò alla sua corte alcune delle menti e dei talenti più raffinati del suo tempo

La sua cerchia comprendeva forse 30 uomini, la maggior parte dei quali siciliani, con l’aggiunta di gruppi di toscani e italiani del sud. La definizione data da Dante al gruppo siciliano nel De vulgari eloquentia (“Eloquenza in volgare”) non è del tutto accurata; alcuni dei poeti erano continentali, la corte non era sempre situata a Palermo e il loro dialetto era influenzato dal provenzale e dai dialetti dell’Italia meridionale.

Conoscendo la poesia dei trovatori provenzali (Federico aveva sposato la sorella del conte di Provenza) e dei menestrelli francesi e tedeschi del nord, i poeti di Federico produssero molte poesie, di cui circa 125 esistenti, tutte in dialetto siciliano. Di queste circa 85 sono canzoni (adattate da una forma provenzale chiamata canso) e la maggior parte del resto sono sonetti, la cui invenzione è solitamente attribuita a Giacomo da Lentini, l’autore della maggior parte di essi.

La maggior parte delle poesie erano formalizzate e prive di autentica ispirazione, ma alcune, in particolare quelle che descrivono il dolore, l’angoscia e l’incertezza dell’amore, hanno una franchezza e un potere emotivo singolari

L’importanza delle forme poetiche lasciate in eredità dalla scuola siciliana difficilmente potrà essere sottolineata abbastanza. La canzone divenne per secoli una forma standard per i poeti italiani.

Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale. Ms. Banco Rari 217 [già Cod. Pal. 418], Canzoniere Palatino (fine XIII sec.), f. 18r. Inizio del canzoniere di Jacopo da Lentini.
Il sonetto di scuola siciliana divenne, con variazioni, la forma poetica dominante non solo nell’Italia rinascimentale – dove fu portato alla perfezione da Guido Cavalcanti, Dante e Petrarca – ma anche altrove in Europa, in particolare nell’Inghilterra elisabettiana, dove, dopo la sua introdotto nel XVI secolo, fu modificato per formare il caratteristico sonetto inglese, o shakespeariano.

Commento di Cristina Rossello: Federico fu anche il fondatore della poesia lirica italiana. Risalendo le loro origini alla corte sveva, i poeti italiani del XIII secolo furono denominati “scuola siciliana”. Diversi erano i poeti che ruotavano attorno a Federico II, erano siciliani, molti messinesi di nascita o della costa orientale: Stefano Protonotaro, Guido delle Colonne, Odo delle Colonne, Rosso Rosso e altri. Un altro poeta, scrittore, letterato e politico italiano del Regno di Sicilia ritenuto tra i più grandi maestri dell’ars dictandi fu, Pier della Vigna o Pier delle Vigne (1190-1249).

Immagine di copertina: Il Cancelliere Aulico alla corte del mecenate Federico II, Re di Sicilia, figlio di Costanza d’Altavilla e Enrico VI di Svevia, a palazzo della Favara con letterati, artisti e studiosi siciliani. In una composizione storica immaginaria, dipinta dal pittore tedesco Michael Zeno Diemer.

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