INGRES E DELACROIX, COSA HANNO IN COMUNE? GLI OGGETTI DELLA LORO INTIMITÁ

Il Museo nazionale Eugène-Delacroix riapre i battenti il ​​27 marzo 2024, dopo sei mesi di chiusura per lavori. In questa occasione presenta un’esposizione originale dedicata a due grandi figure artistiche del XIX secolo, Ingres e Delacroix, e agli oggetti che costituivano, per ciascuno, il loro universo e la loro intimità. Un porta tabacco a forma di pesce appartenuto a Eugène Delacroix (1798-1863), una corona d’alloro dorata offerta a Jean Auguste Dominique Ingres (1780-1867) dai Montalbanesi felici di festeggiare il suo ingresso al Senato, un calamaio di Fez miniatore in terracotta riportato da Delacroix dal suo viaggio in Marocco nel 1832, tavolozze piene di colori, il famoso violino di Ingres.

Questi oggetti comuni sono testimoni dei gusti personali e dei processi creativi dei due artisti. Cosa ci dicono dei loro famosi proprietari?

Qual è la parte dell’uomo nell’artista? 

la parte dell’artista nell’uomo?

La risposta che ci giunge dalla mostra (27 marzo – 10 giugno 2024) è che Ingres e Delacroix simboleggiano un momento emblematico nella storia dell’arte della prima metà del XIX secolo: la battaglia tra Neoclassicismo e Romanticismo.

Oggi, le due istituzioni che portano i loro nomi, il Museo Nazionale Eugène-Delacroix a Parigi e il Museo Ingres Bourdelle a Montauban, riesaminano questo confronto da un punto di vista originale: quello dei loro oggetti d’artista, familiari e quotidiani, utili ai loro creazione o testimonianze dei propri gusti personali.

Questi oggetti raccontano storie. Rivelano i gusti personali di Ingres o Delacroix e quelli del loro tempo.

Fanno parte di reti familiari, amichevoli e professionali. Gli oggetti che gli appartenevano mostrano le loro differenze e inducono anche connessioni inaspettate. La mostra esplora i mondi di questi pittori, di cui vengono presentati diversi ritratti, a volte immagini cerimoniali messe in scena per glorificare ciascuno di loro, a volte caricature che illustrano il loro confronto. Successivamente vengono confrontati gli oggetti intimi che gli appartenevano (oggetti decorativi o souvenir di viaggio) uniti agli oggetti di creazione (tavolozze tra cui quella che Ingres avrebbe utilizzato per Le Bain turc, pennelli, scatole di colori e mobili, ecc.). con rappresentazioni di botteghe o anche dipinti rappresentativi dell’arte di Ingres o Delacroix, disegnando così un ritratto cinese di ciascuno di questi artisti.

Jean-Auguste-Dominique Ingres fu un artista neoclassico francese che visse dal 1780 al 1867. Sebbene la sua più grande opera di ispirazione provenisse dai suoi dipinti storici su larga scala, Ingres è oggi ricordato soprattutto per i suoi ritratti di alta qualità. Ingres è nato in una famiglia numerosa, ma relativamente povera. Suo padre era un artista, non solo nelle arti visive, ma nella musica e nella lavorazione della pietra decorativa. Fu suo padre a dare a Ingres le prime lezioni d’arte e a promuovere la sua prima educazione. Dagli 11 ai 17 anni, Ingres ha studiato arte all’Accademia di Belle Arti di Tolosa, nel sud della Francia. Nel 1797 Ingres si trasferì a Parigi per dedicarsi alla sua arte. Si iscrive all’Académie Royale de Peinture, Sculpture et Architecture, dopo la Rivoluzione francese. A Parigi, Ingres venne a conoscenza per la prima volta del maestro del Rinascimento italiano, Raffaello. Raffaello sarebbe presto diventato la sua più grande fonte di ispirazione. Oltre alla scuola tradizionale, Ingres studiò presso lo studio del noto pittore neoclassico Jacques-Louis David. Questa educazione e visibilità ampliarono il suo talento innato e lo aiutarono a essere ammesso nel 1799 alla prestigiosa École des Beaux-Arts, sempre a Parigi.

Eugène Delacroix nacque nel 1798, figlio di Charles Delacroix che aveva servito per breve tempo come ministro degli affari esteri sotto il Direttorio e che era in missione in Olanda, come ambasciatore della Repubblica francese, al momento della nascita di suo figlio. Sua madre, Victoire Oeben, discendeva da una famiglia di artigiani e artigiani. Entrambi i genitori morirono prematuramente, il padre nel 1805, la madre nel 1814, lasciando Eugène alle cure della sorella maggiore, Henriette de Verninac, moglie di un ex ambasciatore in Turchia e ministro plenipotenziario in Svizzera. La caduta dell’impero napoleonico segnò la temporanea rovina di questa famiglia di alti funzionari, e con essa quella del giovane Delacroix. Ma le relazioni influenti nelle quali lo avevano collocato la sua nascita e la sua infanzia avrebbero protetto la sua carriera successiva, soprattutto in quei periodi, dopo il 1830 e di nuovo dopo il 1850, quando gli interessi bonapartista erano in aumento. Da bambino aveva giocato sulle ginocchia di Talleyrand, successore di suo padre al Ministero degli Esteri e amico di famiglia. È stato suggerito, ma non dimostrato, che Talleyrand, al quale Delacroix in età avanzata aveva una marcata somiglianza facciale, fosse in realtà il suo vero padre. Nel 1815 Delacroix, all’età di diciassette anni, iniziò a prendere lezioni di pittura da Pierre Guérin (1774-1833) presso il cui studio Théodore Gericault era passato brevemente e turbolentamente poco prima. Guérin era un insegnante tollerante che attirava i figli della classe media. La sua istruzione classicista ebbe scarso effetto su Delacroix; per il suo sviluppo fu meno importante dell’educazione letteraria che aveva ricevuto al liceo. L’esempio di Géricault, che conobbe e per la cui Zattera della Medusa (Louvre) posò nel 1818, lo segnò, ma sotto ogni aspetto essenziale fu, come molti dei suoi contemporanei, un artista autodidatta, il cui la vera scuola fu il Louvre, dove, anche dopo la rimozione del bottino napoleonico, lo splendore di Tiziano, Veronese e Rubens brillò tanto da eclissare la scuola di David. Tra i suoi colleghi copisti nelle sue gallerie incontrò il giovane inglese Richard Parkes Bonington (1801-1828) che, insieme all’amico Raymond Soulier, lo introdusse alla pittura ad acquerello e alla tradizione britannica del colorismo, e che contribuì a risvegliare il suo interesse. in Shakespeare, Byron e Scott, le principali fonti letterarie del suo romanticismo.

Commento di Cristina Rossello: Due artisti così diversi ma allo stesso modo uniti per gli oggetti intimi della loro vita. Oggetti che ci portano a mettere in discussione i legami tra la vita dell’artista e la sua opera e che ci consentono  di entrare nell’intimità e nel processo creativo di due dei più grandi pittori dell’Ottocento francese, offrendone un’incarnazione a portata di mano, capace di permettere a tutti di riconoscersi in loro. 

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