FEDERICO II E PIETRO DELLA VIGNA. IL LETTERATO CHE LO AIUTÓ NEL REDIGERE I MANIFESTI

Milano e altre cinque città resistettero e nell’ottobre del 1238 dovette togliere l’assedio a Brescia. Nello stesso anno il matrimonio del figlio naturale di Federico, Enzio, con la principessa sarda Adelasia e la designazione di Enzio come re di Sardegna, in cui il papato rivendicava la sovranità, portarono alla rottura definitiva con il papa (qui i l precedente articolo “FEDERICO II SPOSA ISABELLA D’INGHILTERRA: QUASI REGIAS VEL IMPERIALES DIVITIAS EXCEDERE VIDERETUR.)

Gregorio IX diffidava profondamente di Federico sia in materia religiosa che politica: si supponeva che Federico avesse scherzato dicendo che Mosè, Cristo e Maometto erano tre impostori che erano stati a loro volta raggirati e nell’arena politica il papa temeva che lo Stato Pontificio stesse per essere isolato e accerchiato, in particolare perché a Roma si era formato un partito filo-imperiale. Con il pretesto che l’imperatore intendeva cacciarlo da Roma, Gregorio scomunicò Federico per la seconda volta la domenica delle Palme, il 20 marzo 1239. Fu l’inizio dell’ultima fase della gigantesca lotta tra il papato e l’impero; si concluse con la morte dell’imperatore e la caduta della sua casata.

Federico contrastò la scomunica con una serie di importanti manifesti, la maggior parte dei quali composti da Pietro della Vigna, un membro della cancelleria imperiale, che aveva eccezionali doti letterarie. Il manifesto sottolineava che i cardinali avrebbero dovuto partecipare alla guida della chiesa, e Federico cercò persino di evocare solidarietà tra i principi secolari. Tuttavia, intensificò anche le sue attività militari nell’Italia settentrionale. Per finanziare il suo bisogno di armi in costante crescita, istituì una completa riorganizzazione amministrativa dell’Italia imperiale (tra le altre, la formazione di 10 vice reggenze) e del Regno di Sicilia. Inoltre, decretò la rigorosa sorveglianza della popolazione. Nell’Italia centrale passò all’offensiva, occupando la Marca di Ancona e il Ducato di Spoleto, e nel febbraio 1240 il suo esercito marciò nello Stato Pontificio e minacciò Roma. All’ultimo momento, tuttavia, il papa ottenne il sostegno dei Romani.

In seguito alla sconfitta di una flotta genovese che trasportava delegati per un concilio papale a Roma, più di 100 ecclesiastici di alto rango, tra cui cardinali e vescovi, furono presi prigionieri da Federico in Puglia. Questa vittoria militare si rivelò, tuttavia, uno svantaggio politico: fornì materiale per la propaganda che raffigurava Federico come un oppressore della chiesa. Mentre era ancora accampato davanti a Roma, Federico ricevette la notizia della morte di papa Gregorio e si ritirò in Sicilia. Nel frattempo, i mongoli avevano invaso l’Europa. Furono temporaneamente fermati nella sanguinosissima battaglia di Liegnitz in Slesia il 9 aprile 1241, ma probabilmente solo la morte improvvisa del loro capo, il gran khan Ögödei, impedì ulteriori avanzate mongole in quel periodo.

Il breve pontificato di Celestino IV fu seguito da un lungo interregno. Quando nel 1243 fu eletto Innocenzo IV, Federico, su sollecitazione dei principi tedeschi e del re Luigi IX di Francia, aprì le trattative con il nuovo papa. L’accordo tra il papa e l’imperatore sembrava vicino sull’evacuazione dello Stato Pontificio, quando nel giugno 1244 Innocenzo fuggì dalla città. A Lione convocò un concilio per il 1245 e nel luglio di quell’anno depose l’imperatore, l’ostacolo alla riconciliazione apparentemente era lo status dei comuni longobardi.

La battaglia tra l’imperatore e il papato infuriò quindi in piena furia. Da parte papale l’imperatore fu bollato come precursore dell’anticristo; da parte imperiale fu salutato come un messia. L’imperatore sostenne la richiesta contemporanea che la chiesa tornasse alla povertà e alla santità della prima comunità cristiana e fece di nuovo appello ai principi d’Europa affinché si unissero in una lega difensiva contro i prelati assetati di potere. Tuttavia, la maggior parte dei principi rimase neutrale e, nonostante i due successivi antire tedeschi ricevessero scarso sostegno, l’imperatore perse costantemente terreno in Germania.

Nel maggio del 1247, il viaggio pianificato da Federico a Lione per difendere la propria causa di fronte al concilio papale fu interrotto dalla rivolta della città di Parma. In seguito a questa débâcle, gran parte dell’Italia centrale e della Romagna andarono perdute. L’anno seguente, l’imperatore avrebbe subito ulteriori colpi del destino; Pietro della Vigna, per molti anni confidente dell’imperatore, fu accusato di tradimento e si suicidò in prigione. Nel maggio del 1249, re Enzio di Sardegna, figlio prediletto di Federico, fu catturato dai bolognesi e tenuto in carcere fino alla sua morte nel 1272.

La posizione dell’imperatore, sia in Italia che, grazie agli sforzi del figlio Corrado IV, in Germania, stava migliorando quando morì inaspettatamente nel 1250. Fu sepolto nella cattedrale di Palermo vicino alla prima moglie, ai genitori e al nonno normanno. Quando la notizia della sua morte fu pubblicata, tutta l’Europa fu profondamente scossa. Sorsero dubbi sulla sua vera morte; falsi Federico apparvero ovunque; in Sicilia si diffuse la leggenda che fosse stato trasportato sul vulcano Etna; in Germania che fosse stato incapsulato in una montagna e che sarebbe tornato come l’imperatore dei giorni nostri per punire la chiesa mondana e ristabilire pacificamente il Sacro Romano Impero. Eppure si pensava anche che vivesse nei suoi eredi. In realtà, tuttavia, entro 22 anni dalla sua morte, tutti erano morti: vittime della battaglia con il papato che il loro padre aveva iniziato.

Fine della terza puntata

Commento di Cristina Rossello: Federico contrastò la scomunica con una serie di importanti manifesti, la maggior parte dei quali composti da Pietro della Vigna, un membro della cancelleria imperiale, che aveva eccezionali doti letterarie. Il manifesto sottolineava che i cardinali avrebbero dovuto partecipare alla guida della chiesa, e Federico cercò persino di evocare solidarietà tra i principi secolari. Tuttavia, intensificò anche le sue attività militari nell’Italia settentrionale. Per finanziare il suo bisogno di armi in costante crescita, istituì una completa riorganizzazione amministrativa dell’Italia imperiale (tra le altre, la formazione di 10 vice reggenze) e del Regno di Sicilia.

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