Il 2022 è l’anno di Alex Katz: numerose sono le grandi monografie dedicate all’artista tra cui quella del Guggenheim di New York (dal 16 agosto), quella della Fondazione Thyssen-Bornemisza di Madrid (dall’11 giugno) e in Italia quella del Mart di Rovereto, dal 15 maggio al 18 settembre. Altre mostre sono in programma alla Timothy Taylor Gallery di Londra e al Colby College Museum of Art nel Maine, patria d’elezione del pittore, nato a New York nel 1927. Tra le istituzioni che ospiteranno il lavoro di Katz nel 2023, compaiono l’Albertina di Vienna e la Poetry Foundation di Chicago.
Quella del novantaquattrenne Katz è una carriera mondiale, con oltre 250 personali e 500 collettive in settant’anni di attività espositiva. In Europa la conoscenza della sua opera, inizialmente riservata a pochi, è aumentata costantemente a partire dagli anni Novanta. Nei decenni precedenti, nonostante gli ottimi riscontri sul mercato, la sua poetica risultava distante dalle ricerche della critica e delle istituzioni. Sia nei periodi nei quali la pittura era guardata con maggior diffidenza (anni Settanta e Novanta), sia nei momenti in cui veniva “riabilitata” (Ottanta), si prediligevano gli artisti impegnati, le opere di denuncia o di rottura, l’impegno politico o sociale, l’anti-sistema. Inoltre, spopolavano le espressioni installative, performative e relazionali, i nuovi media, le contaminazioni tra linguaggi. Al contrario l’arte di Katz, raffinata e fortemente coerente con se stessa, non presuppone l’azione, ma la contemplazione.
Distante dagli “intellettualismi”, descrive la vita per quella che è, alla ricerca della bellezza e dell’armonia. All’attuale fama di Katz in Italia e in Europa ha indubbiamente contribuito anche l’impegno di due galleristi italiani: nel 1990 a Modena Emilio Mazzoli organizza una prima mostra curata da Achille Bonito Oliva; negli anni immediatamente successivi Monica De Cardenas inizia a proporre con convinzione Katz ai suoi collezionisti, dapprima in Italia e in seguito in Svizzera.
Qualche anno dopo lo spartiacque sarà la mostra di Charles Saatchi (Londra, 1998) che rappresenta la vera e propria consacrazione di Katz in Europa. In ascesa, oltre alla popolarità, anche le quotazioni delle opere, che in breve diventeranno proibitive. Questo rende difficile la programmazione di esposizioni nel Bel Paese, che restano pochissime. Nel ’99 è la volta della mostra della Galleria Civica di Trento, voluta dall’allora direttrice Vittoria Coen in stretta collaborazione con De Cadernas che l’anno successivo seguirà anche il progetto alla Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia, curato da Angela Vettese. Nel 2001 arriva la seconda mostra di Mazzoli e otto anni più tardi quella del MARCA di Catanzaro, allora diretto da Alberto Fiz. Se a questo punto le esposizioni italiane subiscono una battuta d’arresto, nel resto d’Europa Katz spopola. Da Londra a Vienna, passando per Parigi, Amburgo e Dublino, i maggiori musei puntano sulla pittura dell’ormai anziano pittore newyorkese, le cui opere entrano a far parte delle più importanti collezioni pubbliche e private.
A oltre vent’anni di distanza dall’ultima mostra italiana, il Mart di Rovereto raccoglie quindi l’importante testimone e riconosce il ruolo di coloro che furono pionieri in questa storia: Emilio Mazzoli, Alberto Fiz e Monica De Cardenas, che tutt’ora rappresenta Katz in Italia.
Alex Katz. La dolce vita presenta in un unico percorso e per la prima volta un’ampia selezione delle opere esposte in Italia a partire dagli anni Novanta, principalmente grazie alla lungimiranza delle due citate gallerie.
Al Mart oltre 40 grandi tele costituiscono un percorso a colori nel quale sono rappresentati i due grandi generi esplorati dall’artista: i ritratti e i paesaggi. In mostra anche uno dei rarissimi nudi, oltre ad alcuni sketch, un disegno e due video, tra cui l’estratto di un film realizzato dal regista Ranuccio Sodi per la televisione e mai andato in onda.L’esposizione sottolinea la distanza di Katz dalle filosofie esistenzialiste e dalle ambizioni politiche e sociali di molta arte contemporanea, restituendo il felice disimpegno di opere che celebrano la poesia della vita.
Attraverso i quadri che hanno permesso agli italiani di conoscere Katz, la retrospettiva fa i conti con quello che il curatore Denis Isaia definisce “interrogativo morale e progettuale posto da Katz”.
La pittura e lo stile: Spesso associato al movimento della Pop art, Alex Katz rielabora i riferimenti della cultura di massa, della società americana, della televisione, della pubblicità e, nei primi piani e nelle inquadrature, del cinema. Nello stesso tempo, si appropria dei principi minimalisti spogliandoli però dalle durezze ideologiche, soffermandosi sui caratteri più squisitamente formali che definiscono il gusto collettivo, il lifestyle e quindi in ultima istanza il rapporto con ciò che ci circonda. Con l’apparente leggerezza dei temi e con la limpidezza delle campiture colorate, Katz finisce per rappresentare un’anomalia nel panorama della grande arte americana del secondo dopoguerra. Sebbene non sia assimilabile ad alcuna scuola, la sua opera è però una felice e originale sintesi delle migliori esperienze artistiche del ’900.
Sin dagli esordi, si allontana dal vitalismo drammatico dell’Espressionismo Astratto di De Kooning e Pollock pur condividendone l’approccio istintivo di una pittura stesa rapidamente sulla tela. Sposa l’approccio cartellonistico della Pop Art lavorando a tele di grandi dimensioni ma non è interessato ai barattoli di pomodoro, alle star del cinema o agli eroi dei fumetti tanto cari a Warhol o Lichtenstein. Infine, come nella pittura astratta di puro colore (Noland, Rothko), sfrutta la forza espressiva delle campiture estese e uniformi, su cui però interviene dipingendo ritratti e paesaggi che appartengono al suo ambiente d’elezione: la società newyorkese più chic e colta.
Nelle tele di Katz le atmosfere sono sospese, serene, oltre il tempo frenetico del lavoro e le preoccupazioni. È grande la vicinanza con la poesia, con la purezza, alla ricerca dello straordinario nell’ordinario. Nelle case, nelle gite al mare, nella quotidianità, nei ritratti e nei paesaggi Katz raffigura solo ciò che conosce: la sua New York e l’amato Maine, dove trascorre lunghi periodi, le persone più care, parenti e amici, e la moglie Ada.
Alex Katz (nato nel 1927 a Brooklyn, New York) vive e lavora a New York City. Ha studiato alla Cooper Union School of Art di New York e alla Skowhegan School of Painting and Sculpture del Maine. È conosciuto principalmente per dipingere ritratti e paesaggi, anche se ha sperimentato altre tecniche. Ha collaborato con poeti e scrittori, disegnando libri e copertine, e con coreografi e danzatori. In particolare ha affiancato per 50 anni la Paul Taylor Dance Company di cui è stato scenografo e costumista. Si è misurato più volte con grandi interventi di arte pubblica. Nella sua settantennale carriera ha partecipato a oltre 200 mostre personali a livello internazionale tra cui si ricordano quelle organizzate da: Whitney Museum of American Art, The Jewish Museum, P.S. 1, The Brooklyn Museum, The Tate Gallery, Londra, The National Portrait Gallery, Londra, The Serpentine Gallery, Londra, e The Museum of Fine Arts, Boston. Le opere di Katz sono state acquisite da oltre 100 collezioni pubbliche in tutto il mondo, tra cui quelle dei grandi musei newyorchesi, Metropolitan, Whitney e Museum of Modern Art, e quella della Tate Gallery di Londra. Una sala dell’Albertina Museum di Vienna è dedicata al suo lavoro, come anche un’ala del Colby College Museum of Art di Waterville nel Maine.
Commento di Cristina Rossello: “L’opera che tutti ricordiamo meglio di Alex Katz è sicuramente Blue Umbrella, un dipinto intimo, delicato e profondamente suggestivo che ritrae la modella e musa ispiratrice preferita di Alex Katz, la moglie Ada, protagonista di oltre 200 opere. Le sue opere sono tutte poetiche in un linguaggio pittorico che meglio esprime un tratto leggero, lineare e preciso. Spesso si tratta luoghi e ritratti di persone a lui care che ci fanno comprendere il suo grande amore per tutto ciò che rappresenta la sua vita personale in un mondo fatto di affetti e ricordi del cuore.”