GIOVANNI DELLA CASA E IL GALATEO “IL POETA DALLE DALLE RIME BURLESCHE”

Giovanni Della Casa, (nato il 28 giugno 1503, La Casa, Mugello, Toscana [Italia] – morto il 14 novembre 1556, Montepulciano, Siena), vescovo, poeta e traduttore italiano ricordato principalmente per il suo popolare e ampiamente tradotto trattato sulle buone maniere.

Cresciuto nel Mugello, Della Casa studiò a Bologna, Firenze, Padova e Roma. Nel 1544 fu nominato arcivescovo di Benevento ma fu inviato come nunzio apostolico a Venezia, e nel 1555 papa Paolo IV lo nominò segretario di stato. Oltre ad alcuni versi satirici giovanili alla maniera di Francesco Berni, Della Casa produsse poesie liriche in uno stile maestoso e alcune opere politiche, come Orazioni politiche (1707; “Discorsi politici”), in cui espresse il suo dolore per le calamità dell’Italia.

L’opera che diede immediata fama a Della Casa, tuttavia, fu il suo saggio e spiritoso trattato Galateo.

Scritto tra il 1550 e il 1555, pubblicato per la prima volta con le sue Rime nel 1558 e tradotto per la prima volta in inglese da Robert Peterson nel 1576, Galateo si differenzia da un precedente manuale di etichetta, Il cortegiano (“Il cortigiano”) di Baldassare Castiglione, in quanto si occupa maggiormente della dettagli del comportamento corretto nella società educata che con l’etichetta cortese. Come Il Cortegiano, il manuale di Della Casa divenne ampiamente letto in tutta Europa.

Il Ritratto di monsignor Della Casa (già ritenuto ritratto di Niccolò Ardinghelli) è un dipinto a olio su tavola (102×78,9 cm) di Jacopo Carucci detto il Pontormo, databile al 1540-1543 e conservato nel National Gallery of Art di Washington.

L’opera fu scritta durante un suo soggiorno nell’abbazia di Sant’Eustachio a Nervesa sul Montello, tra il 1552 e il 1555, il Galateo (il cui titolo completo è Trattato di Messer Giovanni Della Casa, il quale sotto la persona d’un vecchio idiota ammaestrante un suo giovanetto, si ragiona de’ modi che si debbono o tenere o schifare nella comune conversazione, cognominato Galateo overo de’ costumi), è un breve trattato in forma di dialogo, in cui si immagina un “vecchio” (dietro il quale è celata la figura dello stesso autore) che impartisce insegnamenti ad un ipotetico giovane (presumibilmente Annibale, uno dei nipoti del Della Casa). A sua volta il nome proprio Galateo costituisce l’adattamento della forma latinizzata di Galeazzo (Galatheus), vale a dire del nome di battesimo dell’amico Galeazzo Florimonte, vescovo di Sessa, «a petizion del quale e per suo consiglio presi io da prima a dettar questo presente trattato», come scrisse il Casa raccogliendo in forma armoniosa «consigli e ammaestramenti sulla maniera di conversare, di vestire, di stare a tavola, di comportarsi nella vita di relazione».

Galateo parte prima

Il Galateo ebbe subito un gran successo che nel 1583, scrive Filippo Sassetti in una lettera: «Se io avessi avuto bene tra le mani le regole del Galateo, o pure fattone qualche capitale, io lasciava stare il darvi consiglio». John Florio, nel suo famoso vocabolario italiano-inglese A Wordle of Wordes (1598), registrava non galateo ma, addirittura, galateista “persona di buone maniere”, come prescrive il Galateo.

Alcune sue rime poetiche e piacevoli da tono burlesco:

  • La poesia combatte con la sete e spesso insieme fanno gran romori: vada in bordello se voi non beete, Febo, Parnaso, le Muse e gli allori. Bacco ha d’intorno ognhor persone liete e Febo ha frati, pedanti e dottori; Febo bev’acqua al fonte Cavallino e Bacco se ne ride, e bee del vino.
  • Ditemi donne come vien chiamata cosa tra ’ boschi nata et fra spine pungenti che tien due volte in sé quattro elementi, de’ quai gl’ultimi tre levati via di mille a pena una tra voi ne fia?…ma Amore è un trastullo che porta in campo nero fava rossa e cava ’l cannamel delle dure ossa.
  • Sì tu dèi sapere che il motto, come che morda o non morda, se non è leggiadro e sottile gli uditori niuno diletto ne prendono, anzi ne sono tediati, o, se pur ridono, si ridono non del motto, ma del motteggiatore […] sono i motti spetiale prontezza e leggiadria e tostàno movimento d’animo […]. Non istà bene il motteggiare a chiunque vuole, ma solamente a chi può. E vedrai tale avere a ogni parola apparecchiato uno, anzi molti, di que’ vocaboli che noi chiamiamo bisticcichi, di niun sentimento; e tale scambiar le sillabe ne’ vocaboli per frivoli modi e sciocchi; et altri dire o rispondere altrimenti che non si aspettava, sanza alcuna sottigliezza o vaghezza: – Dove è il Signore? – Dove egli ha i piedi! – e – gli fece ugner le mani con la grascia di san Giovan Boccadoro – e – Dove mi manda egli? – ad Arno! –; – Io mi voglio radere – E’ sarebbe meglio rodere! –: i quali modi, come tu puoi agevolmente conoscere, sono vili modi e plebei; cotali furono, per lo più, le piacevolezze et i motti di Dioneo.

Infine, un’ultima considerazione riguarda sull’opera più fortunata, il Galateo. Riportiamo alcuni  versi del capitolo del Nome: mi dica al primo tratto villania […] non gli sta bene né signor, né messere, / ma calzarebbe ben per eccellenza / se voi gli desti un maestro o un sere (vv. 57, 70- 72) che sembrerebbero la fonte di questo passo del trattato: «[…] perciò che colui che è usato di sentirsi dire “signore” dagli altri, e di dire egli similmente “signore” agli altri, intende che tu lo sprezzi e che tu gli dica villania, quando tu il chiami per lo suo nome, o che tu gli di’ “messere” o gli dai del “voi” per lo capo». Giovanni Della Casa diventa un’esigenza non solo per approfondire, comprendere e apprezzare caratteristiche e peculiarità di un genere che ebbe, nel Cinquecento, così vasta eco, ma anche e soprattutto perché si presenta come inscindibile dalla vicenda complessiva di quello che fu definito, a ragione, da Dionisotti il «maggior poeta italiano nell’età compresa fra quella dell’Ariosto e quella del Tasso».

A renderlo particolarmente unico per il periodo è l’uso che fece di rime poetiche, piacevoli ma decisamente burlesche:

  • La poesia combatte con la sete e spesso insieme fanno gran romori: vada in bordello se voi non beete, Febo, Parnaso, le Muse e gli allori. Bacco ha d’intorno ognhor persone liete e Febo ha frati, pedanti e dottori; Febo bev’acqua al fonte Cavallino e Bacco se ne ride, e bee del vino.
  • Ditemi donne come vien chiamata cosa tra ’ boschi nata et fra spine pungenti che tien due volte in sé quattro elementi, de’ quai gl’ultimi tre levati via di mille a pena una tra voi ne fia?…ma Amore è un trastullo che porta in campo nero fava rossa e cava ’l cannamel delle dure ossa.
  • Sì tu dèi sapere che il motto, come che morda o non morda, se non è leggiadro e sottile gli uditori niuno diletto ne prendono, anzi ne sono tediati, o, se pur ridono, si ridono non del motto, ma del motteggiatore […] sono i motti spetiale prontezza e leggiadria e tostàno movimento d’animo […]. Non istà bene il motteggiare a chiunque vuole, ma solamente a chi può. E vedrai tale avere a ogni parola apparecchiato uno, anzi molti, di que’ vocaboli che noi chiamiamo bisticcichi, di niun sentimento; e tale scambiar le sillabe ne’ vocaboli per frivoli modi e sciocchi; et altri dire o rispondere altrimenti che non si aspettava, sanza alcuna sottigliezza o vaghezza: – Dove è il Signore? – Dove egli ha i piedi! – e – gli fece ugner le mani con la grascia di san Giovan Boccadoro – e – Dove mi manda egli? – ad Arno! –; – Io mi voglio radere – E’ sarebbe meglio rodere! –: i quali modi, come tu puoi agevolmente conoscere, sono vili modi e plebei; cotali furono, per lo più, le piacevolezze et i motti di Dioneo.

C

DELLA CASA, GIOVANNI

Rime, et prose di m. Giouanni Della Casa. Riscontrate con li migliori originali & ricorrette con grandissima diligentia, 1572

Firenze, appresso i Giunti, 1572 (Firenze, Iacopo e  Bernardo Giunti, 1571). In 8. Marca tipografica sui frontespizi, iniziali e fregi xilografici, macchie al frontespizio, aloni, fori di tarlo ai margini. Legato con Il Galateo […], overo Trattato de’ costumi, e modi  che si debbono tenere […]. Stessi dati tipografici, 1571. Marca al frontespizi. Legato con Trattato degli ufici comuni. tra gli amici superiori, & inferiori. Firenze, 1571. Marca  tipografica, interventi di mano antica ai margini, macchie, brunitura leggera, legatura del sec. XVIII, tassello in pelle rossa con titolo in oro, tagli rossi mancanze. Asta Finarte Roma 2021

Commento di Cristina Rossello: Sicuramente le opere di Monsier Della Casa sono da considerarsi opere da collezione e il Galateo è senza ombra di dubbio un’opera amata da molti blibliofili. Può capitare di trovare ancora delle versioni in librerie antiquarie o in qualche asta, resta sempre importante valutare l’originalità e lo stato di conservazione. Ed è grazie alle nuove tecniche di archiviazione digitali che anche le opere più “delicate” una volta digitalizzate diventano più facili la fruizione e apprezzare, ma soprattutto poter custodirle perfettamente nel tempo.

 

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