LA CUCINA ARABO NORMANNA ALLA CORTE DI GUGLIELMO II DI SICILIA

Riportiamo un’ interessante pubblicazione sulla cucina arabo normanna alla corte di Guglielmo II di Sicilia dell’autrice Anna Martellotti. Trattasi di un’indagine storico-filologica sui ricettari Normanni edita da Leo S. Olschki e parte della collana «Iter Gastronomicum» è un vero e proprio viaggio, dall’età medievale all’età contemporanea, nei testi, nella cultura e nella storia gastronomica in Italia, attraverso la “lingua del cibo” quale strumento specialistico e settoriale.

Nell’ambito della gastronomia medievale ricopre un posto di rilievo la cucina d’Inghilterra, con ampi trattati, brevi manuali, piccole aggregazioni di ricette o singole schede, conservati in codici per lo più miscellanei che vanno dagli inizi del Trecento al primo Cinquecento, quando cominciano ad apparire le prime stampe. Ma in capo alla lunga serie si pongono sorprendentemente due trattati in lingua normanna, copiati nell’isola tra la fine del Duecento e gli inizi del secolo successivo in periodo anglo-normanno, facenti indiscutibilmente parte della storia alimentare e culinaria inglese, che vengono però da molto lontano in quanto descrivono in effetti la cucina di Sicilia alla corte dell’ultimo re normanno Guglielmo II.

La complessa vicenda dei ricettari, emigrati in Inghilterra e trascritti probabilmente più volte nel lungo periodo che passa dalla loro compilazione alla copiatura nei codici che li hanno tramandati, lascia tracce evidenti nella conservazione del testo, ma il confronto con il modello arabo da un lato e con le prosecuzioni europee dall’altro ha permesso nella maggior parte dei casi di emendare errori e manchevolezze, offrendo una soddisfacente ricostruzione delle ricette. Nulla aggiunge la traduzione inglese Diversa cibaria, che si basa su un testo praticamente identico al nostro, e cerca di risolvere i passi incomprensibili senza i sussidi di cui possiamo usufruire noi. È risultato talvolta più problematico ricostruire le originarie denominazioni siculo-normanne delle vivande, fortemente deteriorate dall’uso dei parlanti autoctoni che non comprendono il significato di molte parole, per di più nel passaggio da una lingua gallo-romanza, accentata sulla sillaba finale, alla forte ritrazione dell’accento di tipo germanico dell’anglosassone che si trasformava in medio-inglese. Evidentemente gli ultimi revisori dei Normanni hanno provveduto ad adeguare le denominazioni all’uso corrente, tanto che le ritroviamo spesso immutate nella manualistica medio-inglese.

La scoperta della fiorente gastronomia arabo normanna nella Sicilia di Guglielmo II e le vicende della sua diffusione sconvolgono dalle fondamenta alcune delle idee più accreditate riguardo alla cucina tardo medievale europea, e questo forse spiega le resistenze a prendere in considerazione e approfondire l’ipotesi della «filiera normanna» avanzata tanto tempo fa da Constance B. Hieatt. Si dovranno dunque riesaminare alcune questioni essenziali, a cominciare dalle date. Permane infatti la convinzione, espressa a suo tempo da Bruno Laurioux, che la manualistica occidentale cominci con l’inizio del Trecento, manifestandosi all’improvviso e simultaneamente intorno a una stessa data su tutta l’area europea dalla Danimarca all’Italia.

Va considerata primariamente la lingua dei dominatori normanni, una varietà di antico francese che si è sviluppata nella Normandia con sue caratteristiche proprie, e che tende a differenziarsi ancor più nei paesi conquistati. Per l’Inghilterra si parla di “francese insulare”, ovvero di anglo-normanno, e da qualche decennio gli studiosi sostengono la tipicità di questa varietà linguistica, contro la consuetudine dei vecchi prontuari etimologici di derivare il lessico inglese direttamente dal francese.

Riportiamo qualche esempio di ricetta riportato nel libro:

Coment l’en deit fere Viaunde e Claree – Come si deve fare Vivanda e Chiaretto

Poume dorages. Ceo est une viaunde ke est apelé pomme deorages. prenez char de porc ne mye trop gras ne trop megre e festes couper creu e festes braer en un morter e metez dedenz le moel de l’oef cru e prenez le bro si festes boiller e puys prenez le blaunc del oef e oyngnez vos meinz e puys prenez hors la char e festes roundes soelez cume oingnun taunt come vos volez e festes boiller en cel bro e puys prenez les hors e metez chescun parmy une broche ke nul ne tuche autre e puys metez au feu pur rostir e prenez deus esqueles e metez le blaunc en une esquele e le moel e festes oyndre les poumes kaunt il sunt charnis parmy e prenez sucre e jetez de sus kaunt il sunt tret hors de la broche. e puys dressez.

Pomi di arance. Questa è una vivanda che si chiama poume dorages. Prendete carne di maiale né troppo grassa né troppo magra e fatela tagliare in pezzetti ancora cruda, e fatela pestare in un mortaio e mescolateci rossi d’uovo crudi; e prendete il brodo e portatelo a bollore, e poi prendete il bianco dell’uovo e bagnatevici le mani e prendete l’impasto di carne e fatene palle tonde come cipolle, tante quante volete, e fatele bollire in quel brodo e poi estraetele e mettetele a una a una su uno spiedo in modo che non si tocchino, e poi mettetele ad arrostire al fuoco; e prendete due scodelle e mettete il bianco d’uovo in una scodella e il rosso (nell’altra) e fate irrorare i pomi quando sono carnosi all’interno. E prendete zucchero e gettatecelo sopra quando li avrete estratti dallo spiedo. E poi servite.

Qui per maggiori approfondimento qui un estratto del libro

Commento di Cristina Rossello. Molto interessante comprendere come certe culture abbiano influenzato ogni genere di interesse, in questo caso la cucina. I ricettari “Normanni” ripresi in questo saggio si riferiscono intorno al 1177, anno del matrimonio di Guglielmo con Giovanna, figlia di Enrico II d’Inghilterra. Ed è grazie a questa occasione che le raccolte di ricette giunsero in Inghilterra e da lì si diffusero all’Europa per essere restituite ed interpretate “condite” di cultura e di cucina  arabo mediterranea: colorata, speziata e zuccherata come alla corte di Gugliemo II.

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