MUSEO DEL NOVECENTO: LUCA VITONE IN DIALOGO CON DE PISIS E PAOLINI

De Pisis e Paolini costituiscono due importanti riferimenti per Luca Vitone (Genova, 1964), che entra nella costruzione del progetto espositivo aperto fino al 2 settembre (Museo del Novecento di Firenze) a cura di Eva Francioli e Stefania Rispoli

Nella sua personale, Luca Vitone presenta quattro lavori inediti, pensati in dialogo con le mostre di Giulio Paolini e Filippo de Pisis allestite tra il piano terra e il primo piano del Museo Novecento di Firenze. Più che alla produzione dei due maestri, Vitone sembra guardare alle loro personalità, ai loro interessi, al loro spirito artistico, nonché ai loro atelier. Artefice di un’indagine sul ruolo che i due artisti hanno assunto nella memoria collettiva – artistica e culturale – e in quella personale.

Nell’acquerello Stanze (Studio Giulio Paolini, Torino), esposto nella prima sala, l’artista mette in scena gli ambienti dell’atelier di Paolini a partire dal recupero della polvere in essi accumulata, che viene qui trasformata in non-pigmento pittorico. “La polvere parla di una cosmogonia che rimanda all’universo e all’assoluto. La polvere con la sua presenza riempie il vuoto che ci circonda. Un acquerello di polvere racconta questo vuoto e parla del mondo. La polvere è presente nello spazio metafisico di Giorgio de Chirico che cercava pittori che dipingessero il vuoto, ma il vuoto non esiste, parafrasando John Cage, e il vuoto, cioè il mondo, è Giulio Paolini che con le sue rappresentazioni dello spazio definisce i luoghi del pensiero”, dichiara Luca Vitone.

L’ambiente accanto viene quindi plasmato da Il Gladiolo Fulminato (Omaggio a Filippo de Pisis), scultura olfattiva realizzata in collaborazione con Maria Candida Gentile ispirata al dipinto omonimo di de Pisis, deliberatamente non inserito nelle sale ad esso dedicate. La tela del maestro ferrarese, dipinta nel 1930, rappresenta il momento magico della vita di un vaso da fiori e del suo gladiolo. Una magia che dura un colpo d’occhio, quello dell’artista che ha saputo cogliere l’imprevedibilità dell’attimo di una folata di vento che ha scosso i fiori. Quell’assenza di materialità è presente nella scultura che guarda al quadro e lo racconta con l’odore dei fiori nel momento del loro sfarsi.  Una scultura odorosa in grado di cogliere con la sua invisibilità la materia del quadro per trasmetterne una memoria olfattiva.

L’esposizione prosegue all’interno delle sale riservate a Filippo de Pisis. L’illusione della superficialità, che ospitano le installazioni Genova nel bosco (Erbario) e Alter-ego (coincidenze).  La prima opera si presenta al visitatore come un quaderno posato su un tavolino anni Quaranta: al suo interno, un erbario con foglie di 43 alberi di specie diverse. Questa raccolta, oltre a rimandare a una delle principali passioni del giovane de Pisis, si avvicina in particolar modo alla dimensione esistenziale della sua pittura in grado di esorcizzare la morte dando vita agli oggetti. Il lavoro è inoltre legato alla città natale di Vitone, Genova. Ciascun albero è dedicato a un autore che ha interpretato l’immaginario culturale ligure reso immortale dalla propria opera: da Montale a Pivano, da Germi a Villaggio, da Strozzi a Scanavino, da Alberti a Coppedé, il cui nome è celato da un anagramma che dà il nome alla pianta. La scelta del numero 43 è un omaggio alle vittime della caduta del ponte Morandi, nell’intento di trasferire loro l’immortalità. La seconda opera, invece, fascia l’ambiente espositivo al primo piano nella sua totalità, riportandoci allo studio di de Pisis attraverso la presenza di un pupazzo con le fattezze dell’artista: dettaglio che accomuna il pittore ferrarese allo stesso Vitone, affezionato a un suo doppio incarnato in una bambola di pezza. L’immagine, che testimonia la duplice presenza dell’artista nel suo studio, presenza reale e suo simulacro, diventa reiterata in carta da parati che ricopre le pareti e accompagna la mostra retrospettiva dedicata a de Pisis.     

Luca Vitone (Genova, 1964) studia al DAMS di Bologna e negli anni Novanta si trasferisce a Milano per poi spostarsi a Berlino nel 2010. Sin dagli anni Ottanta la sua ricerca si incentra sull’idea di luogo inteso come spazio sociale, con cui singoli e collettività si relazionano lasciando una traccia del proprio passaggio. Artefice di una ricerca di impronta concettuale, è solito ricorrere a media e materiali diversi (dal cibo alla musica, dalle essenze alla polvere e alla cartografia). Le sue opere raccontano la storia dei luoghi e delle comunità che li vivono e li attraversano, dando vita ad una mappatura soggettiva che si ricompone in geografie del tutto personali.

Le sue opere sono state esposte in spazi pubblici e privati in Italia e all’estero tra cui: Openspace, Milano; Accademia di Francia; Villa Medici, Roma; OK-Centrum, Linz; PS1, New York; Palazzo delle Esposizioni, Roma; Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato; PAC, Milano; Casino Luxemburg, Lussemburgo; Lenbachaus Kunstbau, Monaco; National Centre for Contemporary Arts, Mosca; MAMCO, Ginevra; 2° Biennale di Valencia; 50° Biennale di Venezia; ARC Musée d’Arte Moderne de la Ville de Paris, Parigi; Villa Arson, Nizza; GNAM, Roma; MART, Rovereto; 8° Biennale di Sharjah; GAMeC, Bergamo; 13° Biennale Internazionale di Scultura di Carrara; Museion a Bolzano, Nomas Foundation a Roma, Museo Riso, Palermo; 4° Biennale di Tirana; Schirn Kunsthalle, Francoforte; MMOMA, Mosca; CAPC, Bordeaux; Fondazione Brodbeck, Catania; 1° Biennale di Montevideo; 55° Biennale di Venezia; BOZAR, Bruxelles; Neuer Berliner Kunstverein, Berlino; Triennale di Milano; Fondazione Zimei, Montesilvano; Jewish Museum and Tolerance Center, Mosca; MACRO, Roma; CSAC, Parma; Weserburg Museum, Brema; Museo MAXXI, Roma; Villa Adriana, Tivoli. Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti, tra cui di recente l’Italian Council (2018) promosso dal MiBACT e il bando per la realizzazione del progetto Il Parco del Polcevera (2019) per le vittime del crollo del ponte Morandi.

Commento di Cristina Rossello: “In mostra che esamina l’opera di Giulio Paolini e Filippo de Pisis, L’artista genovese, nel suo cercare di intrecciare la memori individuale con quella sociale, introduce allo stesso tempo, un percorso estetico e di esplorazione concettuale e sensoriale. Un’indagine  di implicazioni politico-sociali che contraddistinguono la nostra epoca avulsa di simboli del potere dell’immagine.”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.